sabato 31 dicembre 2011

Cavolfiore al sesamo

...Ebbene si, Cavolfiore Is Back! Non c'è nulla che io possa fare per riuscire ad azzerare le scorte di cavolo bianco nel mio frigo. L'orto continua a produrne in quantità e comincio a pensare che mia madre se ne voglia liberare con molta eleganza. Continuo ad accettarlo mio malgrado cercando ricette che mi diano nuovi stimoli per mangiarlo e riproporlo.

L'ultima volta è stato il tortino, oggi proverò una variante meno estrema. Ho trovato questa ricetta sul web. E' di facilissima realizzazione ma abbastanza gustosa. Può essere un'idea da portare in tavola invece del solito contorno. Inoltre in questi giorni di abbuffate non è male concedersi una pausa con della sana verdura...

Tralasciando le mie cotture a suon di burro degli ultimi due giorni (l'insalatina post natalizia è già un lontano ricordo), mi sono concessa questo intermezzo di cavolfiore che consiglio come contorno a robusti piatti di carne ma anche servito insieme a patate al forno e accompagnato da fette di formaggio (io a volte lo uso al posto del pane insieme alle verdure).

Ingredienti:

1 cavolfiore piccolo
semi di sesamo
mandorle
olio
sale

Pulire e dividere in piccole cimette il cavofiore. Lessare o - sarebbe meglio - cuocere a vapore la verdura. Intanto tritare grossolanamente le mandorle e dorare i semi di sesamo in padella senza olio. Nel momento in cui iniziano a scurirsi e scoppiettare come pop corn, aggiungere un po' d'olio e unire le cimette di cavolfiore e le mandorle. Salare e lasciar soffriggere per qualche minuto.
Buoni ovviamente da mangiare caldi ma anche a temperatura ambiente. Riscaldati il giorno dopo sono ancora più buoni, in quanto il sesamo conferisce loro un gradevolissimo aroma di "tostato" che li rende molto appetitosi.

...E anche questa volta il cavolfiore è andato...

Auguro a chi passerà da queste pagine un Buon Fine Anno e un Buon Inzio. Io, per precauzione, farò incetta di lenticchie questa sera, pare che portino fortuna.

giovedì 29 dicembre 2011

Gnocchetti burro e salvia

Ritorno dopo giorni di silenzio culinario con una ricetta semplice ma molto gustosa. La famosa zucca che aspettava in frigo di essere trasformata in gnocco, ha ceduto infine alle lusinghe della muffa. Detesto buttare il cibo, ma purtroppo il lavoro non programmato in libreria mi ha impedito di mettere le mani in pasta.

Apro e chiudo parentesi. La Parodi quest'anno ha riscosso un notevole successo, mentre il resto del reparto cucina è stato elegantemente snobbato. La domanda è: perché?

Dopo giorni di pranzi e cene succulente e molto caloriche, ho trascorso gli ultimi due a insalate, minestroni e tisane. Paradossalmente in questo periodo non ho cucinato molto e ieri sono tornata alla riscossa con un bel piatto di gnocchi. Diciamo che il tentativo con la zucca è solo temporaneamente rimandato...

La preparazione dell'impasto non è particolarmente lunga o elaborata, nonostante questo preferisco farne in discreta quantità in modo da poterne congelare una parte, sempre utile nei momenti di pigrite acuta o di voglia incontrolalbile di gnocchi. E poi, dico io, sporcare la cucina per due porzioni è un vero peccato!!! Non a caso abbondo sempre e faccio scorte per i posteri...

Ingredienti per circa 6 persone:

(per gli gnocchi consultare la pagina degli impasti, dove è spiegata anche la lavorazione)
400 gr di burro
6/7 foglie di salvia
olio
parmigiano
acqua di cottura

Una volta preparati di gnocchi come da procedimento, portare a bollore l'acqua in una pentola capiente. Intanto sciogliere il burro in una padella e aggiungere un mezzo cucchiaio di olio. Spezzettare le foglie nel burro e lasciar soffriggere qualche minuto. Aggiungere un po' d'acqua di cottura in cui sono state precedentemente lessate le patate. Cuocere a fuoco vivo finché la salsa non diventi densa e cremosa. Quando l'acqua nella pentola raggiunge il bollore, buttare gli gnocchi e scolarli con un mestolo forato direttamente nella padella. Mescolare amalgamando bene, spegnere il fuoco e cospargere con del parmigiano grattugiato.
Impiattare e servire bollente!

Per congelare una parte di gnocchi, nel caso in cui non servissero tutti, scolare la quantità desiderata in uno scolapasta, irrorare con un po' d'olio per evitare che si attacchino e distribuire su una teglia o vassoio lasciandolo raffreddare. Porre in frigo per il precongelamento e infine insacchettarli. E' preferibile fare piccole porzioni in modo che al momento dell'utilizzo sia possibile scegliere la quantità esatta da scongelare. Per servirli nuovamente, gettarli ancora surgelati in acqua bollente e scolarli appena vengono a galla. Condire a piacimento e servire.

sabato 24 dicembre 2011

Patate alla Gordon

Oggi è vigilia, io sono sveglia da un'oretta mentre il cane ancora russa beatamente vicino a me. Francamente non sono una dormigliona, mi piace svegliarmi presto e godere del momento più bello della giornata, di una mattinata ancora intatta sebbene molto fredda!

In questi giorni non ho avuto la possibilità di cucinare molto perché sono stata occupata in libreria. Prima di prendere questo impegno avevo comprato la zucca per fare i miei gnocchi di zucca e patate, ma non ho ancora avuto il tempo. A marcire in frigorifero ci sono anche le foglioline di salvia che mi servivano per il condimento, ma temo che non resisteranno fino al 26...

A farsi benedire anche il programma dei biscotti, cercherò di farmene una ragione. Intanto (confesso) aspetto con ansia che arrivi natale per vedere se tra i miei libri impacchettati ci sia anche quello di Gordon che ho evidenziato, frecciato, stellato, marcato in ogni modo possibile. Ebbene si, ho fatto la mia lista natalizia cercando di spargere la voce tra il parentado che non ho bisogno di pigiami, orologi, portafogli e cellulari. Voglio solo libri, libri, libri...

Intanto auguro un Buon Natale a chi passerà da queste parti con una semplicissima ricetta del buon Ramsay, tratta da un suo video How to make fondant potatoes che ho trovato sul web e che ho ribattezzato Patate alla Gordon.

Ingredienti per 4 persone:

2 grosse patate gialle
burro
olio
rosmarino
pepe

Sbucciare le patate, tagliarle in due metà per il lungo, salarle e peparle. Scaldare dell'olio in una padella antiaderente e mettere a soffriggere da entrambi i lati le quattro parti. Continuare a rosolare facendo sciogliere tre tocchetti di burro nella padella. Quando le patate inizieranno a colorirsi, trasferirle in una pirofila da forno a "pancia in su". Cospargerle con il fondo di cottura, aggiungere ancora un po' d'olio e due dita di brodo (io ho usato quello vegetale fatto in casa) e un rametto di rosmarino. Gordon in verità utilizza del timo, ma essendone sprovvista ho ripiegato sul più comune rosmarino. Far cuocere per circa una quarantina di minuti, affinché le patate risultino croccanti e dorate fuori ma morbide dentro.

Una variante a questa ricetta, sempre proposta da Gordon, è quella di lessare le patate con tutta la buccia, tagliarle a metà (sempre senza sbucciarle) e trasferirle poi in padella con olio e burro. Io, per praticità, ho optato per una cottura al forno che può essere fatta anche all'ultimo momento, lasciandomi il tempo di occuparmi di altro. In questo modo è possibile portare a tavola delle vere patate fumanti.

In un caso o nell'altro e per dirla alla Gordon...deliciuos!

giovedì 22 dicembre 2011

Biscotti farciti con mela e cannella

L'ora migliore per scrivere di biscotti è probabilmente questa (sono le 8:30 di mattina). Se poi i biscotti sono farciti con mela e cannella, allora è senz'altro l'ora giusta. Il sole sta facendo capolino tra il chiarore della tenda. Il salone ha assunto un colore dorato, come se fosse uscito da una foto di tanti anni fa. I libri ben disposti negli scaffali emanano un impercettibile profumo di carta e parole o forse è solo la mia immaginazione a farmi credere che sia così.

Adoro la mattina più di ogni altro momento della giornata. Tutto mi sembra possibile e metterei le mani in pasta ancora infagottata nel pigiama! Penso che mi piacerebbe svegliarmi con l'aroma croccante di cannella e frolla che cuociono in forno e una bella tisana con un chiodo di garofano da sorseggiare con calma. Per me la mattina è una sorta di rituale e qualsiasi cosa io debba fare, mi sveglio sempre una mezzora prima perché non voglio rinunciare al piacere della lentezza. In una giornata in cui probabilmente dovrò correre o rispettare orari, la mattina ancora mi appartiene e faccio in modo che duri il più a lungo possibile.

Questa mattina non devo correre da nessuna parte, ne approfitto perché nei prossimi due giorni sarò occupata in libreria a dare una mano con i pacchetti di Natale.
Mi piace circondarmi di libri, vorrei farlo ogni giorno dell'anno!

Dedico questa ricetta a tutte le mattine dorate, ma anche a quelle più grigie affinché il profumo di mela e cannella le renda più colorate. Ingredienti magici:

per la frolla

100 gr di burro
100 gr di zucchero
220 gr di farina
1 uovo
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 bustina di vanillina

per il ripieno

1 mela grande
20 gr di burro
1/2 cucchiaino di cannella
zucchero a velo

Preparare la frolla lavorando lo zucchero con l'uovo e aggiungendo il burro. Incorporare la farina mescolata alla vanillina e al lievito.

Piccola digressione: questa frolla, rispetto alla classica utilizzata per la crostata, è molto più morbida a causa di una quantità inferiore di farina rispetto alle dosi di burro e zucchero. Consiglio quindi di non lavorarla troppo nel momento in cui viene stesa, poiché ripetuti impasti tendono a indurirla e sbriciolarla compromettendo la riuscita finale dei biscotti, soprattutto della copertura che non deve spaccarsi.

Lavorare il composto ottenuto, formare un panetto e lasciarlo riposare in frigo per circa mezzora. Intanto preparare il ripieno: sbucciare e tagliare la mela a cubetti molto piccoli e farla cuocere in un pentolino antiaderente insieme a burro, miele e cannella per circa dieci minuti, affinché la consistenza diventi morbida senza che si riduca in purea.

A questo punto stendere l'impasto con uno spessore di circa 2 millimetri, ritagliare dei dischi, trasferirli su una teglia ricoperta di carta da forno e porre al centro degli stessi un po' di farcitura. Ricoprire con un altro disco di pasta e sigillare bene i bordi con le dita.

Infornare a 180° a forno già caldo per circa 12 minuti. Sfornare i biscotti, lasciarli appenna raffreddare e cospargere di zucchero a velo.

Azzannare rigorosamente quando sono ancora tiepidi!!!

martedì 20 dicembre 2011

Tortino di cavolfiore

Non c'è niente da fare, il broccolo spadroneggia in questa stagione. Siamo appena all'inizio dell'inverno e già non ne posso più di mangiarlo gratinato.

A casa mia c'è grande consumo di broccolo bianco perché è senza dubbio il re dell'orto. Mio padre l'ha piantato in abbonandanza e ogni volta che mi dice "ti serve un po' di verdura?" io ci ricasco. Perché "verdura" nello specifico vuol dire broccolo a volontà per una settimana, roba da far impallidire anche le mense scolastiche o i collegi femminili che io associo sempre all'odore di broccolo lesso.

L'altro giorno, quando si è presentato a casa mia con una bustona da cui faceva capolino l'indesiderato cavolfiore, ho sorriso e ringraziato e promesso a me stessa che avrei trovato il modo di cucinarlo diversamente. Le varianti al tema Cavolfiore Time non è che siano moltissime. Ho trovato un sito con moltissime ricette ma in fondo molto simili tra loro. La mia prima necessità era quella di lavorare il broccolo in modo tale da NON VEDERNE LA CONSISTENZA. Insomma, trasformarlo in qualcosa che alla vista mi ricordasse qualcos'altro, che non mi annoiasse solo a guardarlo...

...Ma certo, un tortino! Io l'ho preparato nel modo che segue, ma ho già preso appunti per le successive modifiche:

1 cavolfiore (o mezzo, come nel mio caso di broccolo affetto da gigantismo)
50 gr di farina
2 etti di prosciutto cotto in una fetta
1 tuorlo d'uovo
noce di burro
latte q.b.
pangrattato q.b.
pizzico di noce moscata
parmigiano
sale e pepe

Lessare il cavolfiore lavato e tagliato a cimette (per chi non gradisse l'odore di broccolo può mettere a bollire insieme alla verdura una mollica di pane imbevuta d'aceto). Una volta cotto tritarlo (io ho usato il frullatorino a immersione) insieme a un po' di latte affinché diventi cremoso.
In una padella antiaderente far sciogliere la noce di burro e rosolare la crema di cavolfiore. Aggiungere il prosciutto tagliato a dadini, salare e pepare.
A parte sciogliere la farina con il latte e una grattata di noce moscata. Versare il composto (che non deve risultare troppo liquido) sulla crema con il prosciutto. Amalgamare bene fino a raggiunta consistenza. A questo punto spegnere il fuoco e unire il tuorlo d'uovo e un generosa manciata di parmigiano.

Imburrare una teglia da forno e conspargerla con il pangrattato. Versare il composto e livellarlo.
Finire con uno strato di parmigiano e pangrattato. Infornare e cuocere a 180° per circa 25 minuti.

All'aspetto sembra un tortino di patate, ma la sua consistenza è più morbida e ovviamente...il sapore è quello del broccolo, smorzato dal prosciutto e dal formaggio. Per i miei gusti forse un po' troppo morbido e un po' troppo broccolo. Nella prossima versione (perché non finisce qui...) lo cucinerò con tocchetti di mortazza (decisamente più saporiti), mozzarella e anche una patata per la consistenza. Comunque, come tutti i tortini, il giorno dopo è più buono.

Può essere servito sia come contorno a piatti di carne o anche come secondo insieme a un'insalatina mista condita con cipollina fresca, olio, sale e aceto.

sabato 17 dicembre 2011

Minestra di ceci

Il freddo ha deciso di arrivare giusto in tempo per la mia minestra di ceci. Adoro l'inverno per molti aspetti, la considero una stagione "calda", intima, raccolta. Certo, il maltempo non sempre ha il suo fascino, soprattutto in questi ultimi tempi in cui quando piove diluvia e quando tira vento c'è la bufera. Al telegiornale cominciano i primi allarmanti servizi sui disastri causati da frane, allagamenti, alberi caduti, strade bloccate. Insomma, c'è poco da stare allegri. D'altra parte non guardo mai il telegiornale, quando voglio informarmi lo faccio attraverso giornali e il web. Non sopporto il modo in cui le notizie ci arrivano, mi fanno sempre venire in mente gli allarmismi creati per seminare panico, disagio, confusione, abbattimento.



In questo clima di grande precarietà che regna sovrana nel nostro paese, a volte è più facile costruirsi un cantuccio e custodirlo. Mi chiedo però se sia sempre l'atteggiamento giusto.


La minestra di ceci. Anche lei si è guadagnata un posticino nella storia con il film di Monicelli. E adesso mettetevi pure comodi e gustatevi una delle scene migliori del film:




D'accordo, quella era pasta e ceci e la mia è una minestra, ma volendo ci si può sempre aggiungere la pasta. Io la faccio così:

(Per due persone molto affamate)

250 gr circa di ceci secchi (cecio più cecio meno)

---> DIGRESSIONE SUL SINGOLARE DI CECI --->

qui a Roma si usa dire CECIO ma si tratta di una forma dialettale tosco-romana. La forma corretta sarebbe CECE. Io ho sempre detto cecio, tanto per mantenere alta la tradizione.

3 cucchiai di pomodoro in pezzi
pancetta dolce
3 patate
aglio
cipolla
rosmarino
vino rosso
brodo vegetale

Lasciare in ammollo i ceci per tutta la notte, tanto per cominciare. Il giorno dopo, se non avrete dimenticato di farlo come spesso succede a me, preparate il soffritto nel modo che segue:

sbucciare le patate e tagliarle a dadini, tranne una che sarà lasciata intera. Rosolare la cipolla con qualche dadino di pancetta, bagnare con il vino e lasciare evaporare. Aggiungere le patate a dadini e il pomodoro in pezzi. Salare a seconda dei gusti e far rosolare qualche minuto. Bagnare con qualche mestolo di brodo caldo (parlo del brodo qui) unito all'acqua d'ammollo dei ceci che avrete conservato.

Durante queste rapide manovre, rosolare a parte i ceci con uno spicchio d'aglio, olio e un rametto di rosmarino in modo che s'insaporiscano. Incorporare infine i ceci al soffritto insieme al rametto di rosmarino e all'aglio, unire il restante brodo e la patata intera, chiudere con il coperchio e continuare fino a cottura. Io utilizzo la pentola a pressione e impiego circa 40 minuti. Al termine della cottura prelevare con un mestolo forato poco meno della metà dei ceci e la patata intera. Frullarli fino a ottenere una cremina. Incorporarla alla minestra facendo riprendere il bollore.

A questo punto è possibile aggiungere la pasta (40 massimo 50 gr) senza però cuocerla troppo perché tende a scuocersi rimanendo in ammollo nella minestra.

Far riposare qualche minuto e impiattare, volendo con una bella spolverata di parmigiano.

venerdì 16 dicembre 2011

Ieri è stata una giornata di tentativi. Nella tarda mattinata ho preparato la seconda tipologia di biscotti da impacchettare a Natale. Vista l'ottima riuscita dei Biscotti integrali con mandorle e nocciole, ho fatto un'altra incursione nel blog di Misya e mi sono lanciata nella realizzazione della pasta di mandorle. La ricetta è semplice, tutto sta nello scegliere mandorle di qualità (la farina di mandorle è bandita!) e saper aspettare.

L'attesa tuttavia non è il mio forte. I biscotti di pasta di mandorle devono infatti asciugare almeno dieci ore prima di essere cotti in forno per una decina scarsa di minuti. Ho fatto la posta tutto il giorno alla mia teglia di biscotti e alle nove di sera ho infornato. In pochi minuti la cucina si è riempita di un buonissimo profumo di mandorle. Purtroppo non ho saputo attendere il successivo raffreddamento necessario a non danneggiare l'impasto, che ho scoperto essere un delicato equilibrio tra il morbido dentro e il friabile fuori. Di conseguenza la base dei biscotti è rimasta tragicamente attaccata alla carta da forno, con mio immenso disappunto. Dopo aver continuato a rovinare circa la metà dei biscotti (perché fermarsi a uno?) ho aspettato che finissero di freddarsi e...MAGIA! sono venuti via belli intatti. E sono anche buoni! Non hanno tuttavia superato l'esame del "riusciti al primo colpo" e quindi restano per il momento in standby rispetto alla loro posizione nei pacchetti natalizi. Nonostante questo, impiattati fanno comunque la loro porca figura...

giovedì 15 dicembre 2011

Trippa alla romana

Esiste, per chi ancora lo ignorasse, l'Accademia della Trippa, la Tripe Academy, che in inglese ha un suono molto più raffinato e non si direbbe quasi che si sta parlando d'intestino. Anzi, scusate, di stomaco. Insomma, anche la trippa nasconde un mondo. Fatto di modi dire, usanze, ricette e anche qualcosa di un po' stravagante come la trippa al sidro, tutta da bere.

Ignoravo che si parlasse tanto di questa parte poco nobile dell'apprezzato bovino. La tradizione a Roma vuole che venga consumata di sabato, così come il mercoledì tocca a frattaglie e coda. Infatti, nel calendario romano, questi erano i due giorni preposti alla macellazione dei bovini. I tagli migliori ovviamente andavano ai ricchi che ben si guardavano dal consumare la carne del popolo. Una volta tanto, il popolo ringrazia. Perché lo stomaco sarà anche la parte meno nobile, ma resta comunque una prelibatezza delle cucine più tipiche.

Ci sarebbe una piccola digressione da fare riguardo i quattro stomaci da cui vengono estratte le diverse qualità che si trovano in commercio. Lascio a chi ne ha voglia e fantasia questa affascinante ricerca delle interiora bovine. Io mi limito a dire che generalmente sul banco carni si trova la trippa già pulita e parzialmente lessata, anche se in verità sarebbe meglio preferire e acquistare quella più scura. Un po' come succede per i totani, che vengono sbiancati con la soda, un trattamento simile è riservato alla trippa pulita e impacchettata pronta per l'uso.

Detto questo, ecco come ho preparato la mia trippa alla romana:

trippa (si riduce un po' in cottura quindi è bene calcolarne circa 200 gr a persona)
sedano
carota
1 cipolla
alloro
2/3 chiodi di garofano
salsa di pomodoro
due rametti di menta
pecorino romano

Nonostante la trippa fosse già in parte cotta, l'ho lessata dieci minuti in pentola a pressione con mezza cipolla, due chiodi di garofano, una foglia di alloro, un rametto di menta, carota e sedano. Questo affinché assorbisse gli aromi di una buona lessatura. Successivamente ho fatto soffriggere un trito di sedano, carota e l'altra mezza cipolla, ho sfumato con del vino bianco e fatto rosolare la trippa nel tegame. Ho lasciato insaporire aggiungendo infine il pomodoro. La quantità del pomodoro è a discrezione. Considerando che questo è un piatto che va accompagnato da almeno una pagnotta di pane, io la preferisco decisamente sugosa! Il sugo, a prescindere dalla quantità, deve risultare bello ristretto. A fine cottura l'ingrediente che rende unico questo piatto: la menta. Cospargere la trippa con le foglioline profumatissime e lasciar insaporire. Ricoprire con abbondante pecorino romano.

Buona attrippata!

mercoledì 14 dicembre 2011

Biscotti integrali con mandorle e nocciole

Natale è alle porte, almeno così dicono. Io quest'anno non ho fatto neanche l'albero, sono affetta da pigrite acuta e il solo pensiero di andare a prendere il terriccio da mettere nel vaso e infilarci dentro l'albero - rigorosamente finto - ormai "storico" (ha più della mia età quel ciocco di plastica...) mi fa passare la voglia. Non c'è niente da fare, il Natale è qualcosa che bisogna sentire e io evidentemente non lo sento. Tuttavia...

...Tuttavia qualcosa nell'aria c'è. E a me fa venire voglia di biscotti. Ho pensato: perché non regalare confezioni di biscotti fatti in casa? Generalmente regalo libri, che piacciano o meno, perché sono convinta che ognuno abbia un libro dentro di sé anche se non lo sospetta. Quest'anno invece ho deciso di cambiare tendenza, forse per farmi odiare un po' meno e metterci qualcosa di mio.
E allora perché non metterci qualcosa di dolce?

Con la ricetta di oggi inizio la serie di biscotti che andrò a provare nei prossimi giorni, per scegliere alla fine i più buoni (e riusciti) da incartare.

Ho trovato i Biscotti d'autunno nel blog di Misya, che oltretutto ha scelto un nome che è una perfetta sintesi di Biscotti integrali con mandorle e nocciole.

Ingredienti per 20 biscotti:

200 gr di farina integrale
100 gr di burro
1 uovo
60 gr di zucchero di canna
40 gr di uva sultanina (ho diminuito leggermente la dose originale)
30 gr di granella di nocciole
50 gr di mandorle sgusciate
grappa o liquore (a seconda dei gusti)
2 cucchiai di miele
1 cucchiaino di lievito

Tritare grossolanamente le mandorle e mischiarle con il miele. Ammorbire l'uvetta nella grappa o nel liquore. Io ho utilizzato ciò che passava il convento, ovvero Liquore Barancino con grappa, pino mugo e ginepro. Olè.
Avrei potuto utilizzare anche del classico rum, ma ho pensato di dare un tocco più aromatico e personale alla mia uvetta e il risultato è stato ottimo lo stesso.

Lavorare l'uovo con lo zucchero finché non risulti spumoso. Aggiungere il burro amalgamando bene gli ingredienti. Incorporare il lievito e la farina un po' per volta fino a esaurimento. Infine, aggiungere l'uvetta strizzata e la granella di nocciole. Con l'impasto ottenuto formare delle palline e schiacciarle leggermente per poterle decorare con le mandorle al miele. A piacere aggiungere dell'altra granella. Infornare a 180° per 15 minuti e...servire con del tè o una bella tisana fumante!

lunedì 12 dicembre 2011

Quadrotti di formaggio e spinaci

Quando individuo una ricetta da provare, alzo la cornetta del telefono e invito i miei a cena. Così è stato lo scorso sabato quando, sfogliando una rivista di cucina, il mio sguardo è caduto su ciò che nella versione originale è riportato come Plumcake con emmentaler e spinaci.

Il mio stampo per plumcake è tuttavia troppo piccolo, ma perché scoraggiarsi? Ecco come ho riadattato questo sfizioso antipasto a modo mio.

Ingredienti:

350 g di farina 00
4 uova
150 g di emmentaler (o altro formaggio a scelta)
150 g di spinaci freschi
12 g di lievito di birra
150 g di latte
50 g di olio d'oliva
noce moscata
sale
burro e farina per lo stampo

Pulire accuratamente gli spinaci (trattengono molta terra) e tritarli grossolanamente. Grattugiare anche il formaggio e tenerlo da parte. Intanto sminuzzare il lievito nel latte (a temperatura ambiente) e mescolare con una frusta fino a farlo sciogliere del tutto. Aggiungere le uova e sbatterle leggermente per amalgamarle al lievito.

A questo punto si può iniziare a preparare l'impasto. Setacciare la farina e disporla a fontana sul piano di lavoro. Versare al centro il composto di uova e lievito iniziando a impastare con la punta delle dita. Dopo aver incorporato circa metà della farina, unire l'olio e il sale e continuare a impastare fino a ottenere un composto omogeneo. Unire infine il formaggio, gli spinaci e una grattatina di noce moscata.

OPPURE

versare tutti gli ingredienti nell'impastatore elettrico, esclusi gli spinaci e il formaggio che andranno ugualmente incorporati alla fine.

Imburrare e infarinare lo stampo (io ho utilizzato una normale teglia da forno), versare il composto e lasciar lievitare in luogo possibilmente tiepido per circa un'ora e mezza. La lievitazione dipende molto dalla temperatura e dall'umidità dell'ambiente. Il mio tortino, sistemato all'interno del forno spento, ha impiegato due ore abbondanti per crescere.

Infine cuocere a 180° per circa 35-40 minuti e sfornare quando si presenterà ben dorato in superficie. Dopo averlo lasciato raffreddare, estrarlo dalla teglia e tagliarlo in tanti quadrotti.
Servire con saporite fette di salame o altro affettato a scelta. Il tortino ha infatti un sapore molto delicato e la sua morbidezza si accompagna bene con il sapore più deciso dei salumi e parenti stretti.

Un'originale alternativa al consueto piatto di affettati, in genere accompagnati da pane casereccio e fette di formaggio.

sabato 10 dicembre 2011

La salsa verde

Citando Isabelle Allende in Afrodita: "non puoi immaginare com'è tutto più semplice con uno sbattitore elettrico".

La salsa verde è ottima con il bollito, il pesce lesso e le uova. Come ogni ricetta che si rispetti, ne esistono diverse varianti. Io mi sono affidata al blog Diaro di cucina con l'unica differenza che ho preferito utilizzare dei capperi sotto aceto invece che sotto sale. Ma partiamo dall'ingrediente principale: il prezzemolo.

Se crescesse a siepe come l'alloro lo pianterei in tutto il giardino. Purtroppo devo accontentarmi di averlo sporadicamente poiché l'unico tentativo di farlo crescere in vaso è fallito miseramente. Attingo quindi dalle riserve materne ogni volta che posso.
Nota bene: da usare rigorosamente a crudo, come il basilico, poiché la cottura azzera le proprietà di questa profumata erbetta. Cito: "ricco di minerali, utile come depurativo del sangue e antianemico, risolve ingorghi biliari e atonie intestinali" (tratto da Il Cucchiaio Verde). Io a volte ne stacco qualche fogliolina perché adoro il profumo che lascia sulle mani, così come amo quel sapore fresco e leggermente pungente che lo caratterizza.

Come tritare il prezzemolo ad hoc? Esiste in commercio un utilissimo trita-prezzemolo a manovella di cui tuttavia sono sprovvista. Non mi resta che utilizzare un banalissimo coltello. Sembra una sciocchezza ma come la maggior parte delle cose che sembra esserlo...non lo è. Meno male che c'è Gordon a spiegarci How to chop herbs. Certo, lui usa una sorta di lama da combattimento che trincerebbe anche un pollo. Figuriamoci il prezzemolo.

La buona notizia è che per la salsa verde non è necessario tritare nulla, penserà a tutto il fido robottino a immersione. E vi assicuro che ridurrà tutto in crema, spicchio di aglio compreso. E quindi, caro Gordon, figuriamoci il prezzemolo.

Ingredienti:

150 g di prezzemolo
2 tuorli
50 g di mollica di pane
20 capperi sotto aceto
1 cucchiaio di zucchero
1 spicchio di aglio
50 ml di aceto
120 ml di olio
peperoncino

Operazioni preliminari: sciacquare i capperi sotto l'acqua corrente. Rassodare le uova ed estrarne i tuorli. Bagnare la mollica di pane con l'aceto e strizzarla.

And now...emulsionare tuorli, olio e aceto. Aggiungere successivamente tutti gli altri ingredienti e frullare a lungo fino a raggiungere la giusta cremosità. La salsa non deve risultare troppo "solida", quindi è bene aggiungere olio nel caso in cui dovesse avere una consistenza troppo densa. Trasferire il tutto in un piccolo recipiente e lasciar riposare per almeno tre ore. Da utilizzare a temperatura ambiente.

Le dosi dovrebbero essere per 6 persone. Posso confermare che la quantità è notevole, io l'ho utilizzata per il bollito e per farcire le uova sode di un gustoso antipasto (perché buttare l'albume?). E tanto per restare in tema di sprechi, sebbene il brodo del bollito non sia ricco come un classico brodo di carne (infatti, per fare in modo che il manzo resti tenero e succoso all'interno, è bene buttarlo nell'acqua dopo il raggiunto bollore, in modo che si formi immediamente una pellicola che impedisca la fuoriuscita dei liquidi) è comunque ottimo da servire con dei tortellini, natalizi più che mai. Io l'ho preparato così:

1 pezzo di carne da bollito (ha fatto tutto il mio macellaio di fiducia)
1 carota
2 coste di sedano
1 cipolla intera
3 chiodi di garofano
2 foglie di alloro

Il risultato è un brodo magro ma ugualmente molto buono e profumato grazie all'essenza dei chiodini. Con i tortellini tuffati nel mezzo il pranzo è servito.

mercoledì 7 dicembre 2011

Il minestrone fatto in casa

Confesso di essere cresciuta con il minestrone della Findus. Senza entrare nei dettagli della mia prima giovinezza, posso affermare che nonostante la Findus sono cresciuta sana e felice. Mia madre, tutt'oggi, si ostina a comprare il surgelato pur disponendo di un orto e del tempo necessario a pulire le verdure. Per quanto mi riguarda credo di avere ancora in freezer una mezza busta di minestrone pronto. Lo uso come scorta in caso di necessità o pigrite acuta e in genere funziona. Ma amo troppo la cucina per continuare su questa pessima strada. E allora perché non preparare il minestrone in casa?

Il minestrone mi fa venire in mente i piatti poveri di un tempo, quelli preparati nei paioli di rame appesi sopra i caminetti e "rinforzati" con tutto il commestibile a disposizione in cucina. E non credo di essere molto lontana dal vero. Paradossalmente, i piatti poveri di una volta sono diventati oggi delle vere prelibatezze, basti pensare alla famosa Paella spagnola.
Rispettando quindi questa tradizione antica e in linea con lo spirito del "non si butta via niente in questi tempi di crisi" (ma anche in tempi di non-crisi dovrebbe essere una regola), apro il frigo e medito. Dispongo di:

- mezzo cavolo bianco (direttamente dall'orto)
- mezzo cavolo broccolo romanesco (idem come sopra)
- mezza verza riccia (direttamente dal banco del fruttivendolo Mirko)
- carote
- sedani
- rametto di ciliegini
- cipolle
- fagioli secchi (che non sono in frigo ma nella credenza)
- patate (idem come sopra)
- prezzemolo (che non è in frigo ma dentro un vasetto sul piano della cucina)

Chiamerei il minestrone anche un notevole salva-verdure. Premetto che amo cucinare e mangiare la verdura in mille modi, ma cucino per due persone soltanto e mi piace variare giornalmente le pietanze. E qui le soluzioni sono due:

1) cucinare tutto in una volta in modo che si conservi più a lungo
2) fare il minestrone di verdure

Ho sempre optato per la prima soluzione. Solo che detesto trascinarmi cibi preparati (il riscaldato non a tutti piace) e mi ritrovo, come oggi, ad avere moncherini vari sparsi per il frigo. E quindi...via libera al minestrone!

Una parte della verza l'ho utilizzata per il pranzo (soffritta in padella con cipolla e peperoncino fresco tagliato a rondelle). Il resto, la parte finale, l'ho tagliata a striscioline e unita a tutta l'altra verdura fatta in piccoli pezzi. Ora, le varianti per un buon minestrone sono molte. Facendo una breve ricerca su internet è possibile trovare di tutto e di più. Io credo che il minestrone si adatti bene all'estro e al gusto di ciascun appassionato di verdure. E quindi non vedo perché non farlo secondo i propri desideri aggiungendo zucchine, zucca, guanciale, crosta di parmigiano, pane raffermo, pesto (come fanno in Liguria), peperoni, altri ortaggi di stagione e cereali e legumi di vario genere.

Non solo credo che il mimestrone sia un ottimo piatto invernale, ma anche un'ottima idea da portare in tavola quando si ha gente a cena. Certo, bisogna essere dei veri estimatori di cucina per apprezzare un BUON MINESTRONE FATTO IN CASA. Io, che amo i sapori semplici, sono stata sorpresa solo una volta con un piatto di vedure in brodo e la sorpresa da parte mia è stata molto apprezzata.

Già, il brodo. Sono solita prepararlo da me perché detesto il dado vegetale. E anche lì le varianti possono essere molte. Il mio prevede:

- sedano
- carota
- cipolla
- patata
- prezzemolo
- alloro

Adoro l'alloro. Lo uso spesso in cucina per aromatizzare gli arrosti e ultimamente lo utlizzo anche per i lessati. Quando dispongo del mirto utilizzo anche qualche fogliolina di questa pianta molto aromatica.

Non sempre però mi cimento nella preparazione del brodo e ripiego senza troppi sensi di colpa sulla comunissima acqua. Apro e chiudo parentesi, io uso la pentola a pressione e la quantità di liquido necessaria è minore rispetto a una qualsiasi pentola con coperchio. Ad ogni modo, anche quando utilizzo solo acqua, unisco le foglie di alloro e faccio rosolare previamente le verdure in un soffritto di sedano-carota-cipolla sfumato con del vino rosso. Posso assicurare che il risultato è ugualmente buono e gustoso, lontano dall'essere il "risciacquo per budella" che solitamente si pensa.

Altro piccolo accorgimento riguarda la consistenza. Io preferisco una minestra poco brodosa. Per capirci, non amo particolarmente le verdure che galleggiano slegate le une dalle altre. Per questo unisco sempre una o due patate intere che a fine cottura andrò a schiacciare con la forchetta in modo da dare una consistenza più cremosa alla minestra. Surrogato della patata è ovviamente la fecola, ma io non la sopporto, mi sembra più un prodotto da laboratorio chimico che non da cucina casereccia e quindi ne faccio volentieri a meno quando posso.

A questo punto il minestrone è pronto. Un classico che non annoia mai, costantemente rivisitato.
Mi sveglio e mi stiracchio con il sole che fa capolino tra le fessure della serranda e la luce filtrata dalla tenda. Sono le 07:30 circa della mattina, l'aria è frizzante ma non fredda, il cielo non completamente terso ma guarnito di succose nuvole bianche. Passeggiare per le strade bagnate di un qualsiasi giovedì invernale e fermarsi dal fruttivendolo (ma esistono ancora? nella mia parte di mondo si) è meglio di una doccia calda dopo una giornata di lavoro.

Il fruttivendolo.
Fino a qualche mese fa lo consideravo un retaggio del passato, un modo romantico di fare la spesa. Sono una figlia di questa generazione da supermercato, cresciuta tra le corsie della Conad e i carrelli arancioni della Coop. Fino a quando.

Fino a quando ho perso (lasciato?) il lavoro e alterno lunghi periodi di disoccupazione a brevi intervalli lavorativi. Tralasciando l'aspetto più scomodo di questa scelta, posso elencarne i vantaggi. Il primo, sicuramente, è il molto tempo libero a disposizione. Nel "contenitore-tempo" ci sono poi un sacco di cose: libri, film, passeggiate, cazzeggio, ricette...e...il fruttivendolo. Ho scoperto il piacere di uscire di casa A PIEDI e comprare frutta e verdura SPORCA DI TERRA e...PROFUMATA. Amo il mio fruttivendolo. Amo i cartelli dei prezzi scritti a mano, i mandarini con VERE FOGLIE attaccate alla buccia, l'aroma del prezzemolo dentro le buste di cartone, la confidenza un po' irriverente di chi, mentre ti pesa la frutta, scambia due parole con te. Altro che guanti e confezioni plastificate da supermercato. Altro che la gelida professionalità dell'addetto al banco verdura.
So che sa molto di trito e retorico e anche di falsamente bucolico, di valori perduti, di ricordi della nonna e via dicendo. Ma da quando mi sono presa il tempo di non fare tutto di corsa, di comprare ciò che mi serve nel momento in cui ne ho bisogno e di non fare le scorte post-guerra atomica nella credenza, ho riscoperto anche il piacere di cucinare e mangiare in un certo modo. Sembrerà sciocco, ma fino a qualche mese fa, lo spinacio aveva per me la forma di un cubetto surgelato. Non che non sapessi che non cresce cubettato, ma in fondo non ero interessata all'argomento. Il cibo era funzionale ai miei tempi. Condito adeguatmente diventava anche buono, ma era più un mangiare con lo stomaco che con gli occhi, il naso e...la bocca. I sensi sono fondamentali al cibo, all'assimilazione che ne facciamo. Il cibo diventa buono non solo perché è ben cucinato, ma anche perché è bello da vedere, buono da odorare, liscio o ruvido al tatto, accompagnato dalla nostra musica di sottofondo. Ora nel mio frigo ho due chili di spinaci da pulire. Lo farò ascoltando della musica, bevendo un bicchiere di vino, pensando, canticchiando. O forse lo farò in silenzio. Ma con un gran sorriso sul volto.

martedì 6 dicembre 2011

Ripeto a me stessa che dovrei registrare ciò che penso nel momento esatto in cui lo penso. Pochi minuti fa percorrevo la strada di casa osservando le luci precarie sui pali della corrente. Ogni anno il natale sembra arrivare troppo presto, sempre prima. Ogni anno si sente la gente (io sento mia madre, giuro, ogni anno) ripetere: “già le vetrine addobbate?”. Ma certo. Come ogni anno, appunto. Altra tipica frase: “un inverno così freddo non si è mai sentito”. E invece lo sento dire da quando avevo circa sei anni e oggi ne ho trenta. Dovremmo essere scesi a una temperatura vicina a quella dei poli. D’altra parte le estati sono sempre più calde e sebbene sia vero che ci stiamo tropicalizzando, (pur in mancanza delle tipiche palme da tropico, essendo rimasti da noi solo i moncherini) è anche vero che a me sale la febbre solo a sentir parlare di tanta vacuità. Osservazioni da messa in piega, da tinta e tiraggio. Sarà forse che il natale arriva prima solo per spingere la gente a comprare? Sarà. Sarà che a me fanno venire una tristezza indicibile questi addobbi riciclati dall’anno prima appesi precariamente ai pali della luce. Queste lucine azzurre semi-fulminate che dovrebbero dare l’impressione di cadere dal cielo come piccole gocce d’acqua argentata. Queste stelle comete che lampeggiano come le insegne delle farmacie (dall’interno all’esterno, che se per sbaglio le fissi per più di mezzo minuto sei totalmente ipnotizzato, pronto a uccidere a comando). E i babbi natali? Arrampicati sulle finestre a sgomitarsi (c’ero prima io! No io! No io!). E intorno musi lunghi, commercianti appollaiati fuori dei negozi, macchine parcheggiate sui marciapiedi e in lontananza un bellissimo tramonto blu scuro intrecciato ai rami di alberi spogli e – fortunatamente – non meritevoli di essere addobbati.

Torno a casa con un acquisto libresco, oggi mi sono premiata così. Non so se avrò mai il tempo di leggere tutto ciò che attira la mia fame, la mia curiosità, la mia voglia di essere altrove e – in fondo – spero di non averlo. Spero di essere sempre indietro di un libro, di una nuova avventura, di nuove prospettive di vita. Perché ciò mi rende felice e mi arricchisce. Questo bucare lo strato superficiale di un mondo per scoprirne altri cento. E ogni volta è un velo che cade dolcemente al suolo svelandone un altro al suo interno. Un’infinita matrioska di mondi, universi collegati da sottili convergenze a noi ignote che ci fanno presentire l’esistenza di altro fuori di noi. Intorno a noi. E dentro le nostre emozioni.

martedì 22 novembre 2011

Accanto a me una tisana fumante. Penso in questi giorni di aver girato intorno al blog come un cane randagio gira intorno al suo osso, temendo di azzannarlo. Un timore infondato, ma a forza di girare ho scavato un solco abbastanza profondo dal quale, come al solito, ho difficoltà ad emergere.

Vorrei avere in certi momenti la lucida chiarezza di Nell. Lei, che considerava i libri come ricettacoli di candide invenzioni, ha sempre usato parole appropriate alle circostanze. Ha sempre chiamato le cose con il loro nome. Non dovrebbe esserci nulla di più semplice e immediato e invece è sempre così difficile dire a se stessi la verità. Raccontarla senza distorsioni, senza troppi giri di parole.

Mi accorgo ancora una volta di avere un'intrinseca difficoltà di dirmi, anche attraverso uno spazio vuoto come questo, in cui sono sola. La verità è che ho bisogno di dare a qualcuno. Credo che sarei una buona scrittrice di lettere. Ne ho scritte molte in passato, conservando però solo in parte quel fitto epistolario in cui, con un po' d'impegno, potrei anche trovare materiale per un libro.

Che poi, chiamarlo "materiale" mi fa un po' tristezza, come se scrivere fosse una raccolta punti del latte. Continuo ad avere con la scrittura questo rapporto ambivalente di magnetica attrazione e repulsione. Scrivere è come spogliarmi davanti a uno specchio e toccare tutte le corde del mio corpo e sentirne ogni segreta vibrazione. L'epidermide in fondo non è altro che un involucro, talmente perfezionato e sensibile, che comunica con noi attraverso le sue più remote profondità. Siamo come grandi città sotterranee piene di porte e scale. Lo descrive bene Buzzati ne Il Grande Ritratto questo gorgogliare oscuro di una coscienza ignota.

E non c'è niente da fare. Ogni parola che dico vive dentro un libro che leggo.

lunedì 31 ottobre 2011

Come iniziano i giorni nuovi? Somigliano a quelli passati o hanno un colore più intenso, appena percettibile, e luminoso?

Oggi è un giorno nuovo. E anche più lungo di un'ora. Voglio credere che non sia solo una coincidenza.

domenica 30 ottobre 2011

Tra le cose che amo c'è la cucina. Questa si avvicina a quella dei miei sogni. Soprattutto per il lavello sotto la finestra che magari si affaccia su un prato circondato da alberi - mi piacerebbero gli aceri che d'autunno si sciolgono in diverse sfumature di colore fino al rosso acceso e poi giallo, arancione, azzurro che s'intravede tra i rami. E forse lavare i piatti a fine giornata - vabbè che sarebbe notte fonda e addio alla vista dell'acero - non sarebbe tutto sommato così spiacevole. Ma non sarebbe spiacevole neanche se dall'altra parte della finestra ci fosse la persona che amo e a quel punto fuori potrebbe esserci anche un muro di cemento e ciò non m'impedirebbe di essere felice lo stesso.

Son cose che si dicono. Ma poi, cara mia, ti vorrei proprio vedere a vivere dentro un vespaio, stretta stretta, con una piccola finestra da cui guardare il mondo colorato da una tenda blu cielo.

Ma il mondo è dentro e non c'è vespaio che possa distruggerlo. Me ne accorgo ogni volta che guardo fuori. E non è che non voglia fare i conti con la realtà (anche se a volte succede), ma ho raggiunto una consapevolezza diversa. Non è esatto. Sono tornata alla consapevolezza inconsapevole di un tempo. Quando sentivo un mostro agitarsi dentro di me e al quale non ho mai dato voce. Un mostro di bellezza, forza, coraggio, speranza, luce e dolcezza. Non avevo un nome per tutto questo e forse non l'ho ancora trovato, ma che importa. Sento di nuovo la sua presenza e tutto mi sembra di nuovo possibile. Il sogno, però, è cambiato. Non è più una cucina con una grande finestra, non è neanche una cucina e basta. E'...per il  momento non riesco a dirlo. Forse si avvicina a questo:


Accade a Roma. Si, lo so, accadeva tre giorni fa, ma ogni tanto mi giungono queste notizie da altri mondi e allora mi sveglio tutta sudata. E purtroppo questa è la realtà.

Tristezza. Si potrebbe innescare una discussione infinita sul valore discutibile di ciò che circonda. Basterà però citare il buon Cipolla:

Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione

A Ponte Milvio ce n'erano ben 8mila, per non parlare dei 250 vigili che quelli - vabbè - un po' come polizia e carabinieri stanno sempre in mezzo a complicare il complicabile.

Come dire...

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di province ma bordello! Era il 1300. Eppure Dante lo diceva a chiare lettere:

fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza




Che ore saranno ad Auckland?

mercoledì 26 ottobre 2011

Hey, you. Come here.

Succedono cose strane. Sarà il cambio di stagione o sarò io che la mattina non mi lavo bene la faccia e tendo a vedere tutto felicemente distorto. Come attraverso uno specchio che deforma la realtà facendola sembrare più lunga o più grassa o più vera. C'è musica che proviene dalla strada, come se il circo fosse arrivato in città. Musica che parla con note d'autunno sotto il cielo grigio di questa mattina ancora assonnata. La musica come fuoco lambisce le estremità del corpo scottandomi un po'. Bruciature che restano a canticchiarmi nelle orecchie fino alla sera, ritornelli di ricordi passati e dolcissimi, sorridenti senza sapere il perché. Il circo è arrivato in città, giocolieri ai semafori che lanciano in aria palline gialle e piroettano di fronte a spettatori ingabbiati dentro auto riscaldate mentre la musica si avvicina e il pavimento diventa rovente sotto i piedi, tanto che le le gambe saltano dalla sedia e si uniscono a questo circo che danza e ruota e chiama e non chiede nulla tranne voce e sudore di un inverno che arriva, di un'acqua che scende senza pulire nulla.

Succedono cose strane. Ieri mattina il treno si è fermato davanti a un oliveto e per due ore gli alberi sono rimasti immobili a guardare la lingua d'acciaio che pigra sbadigliava il suo stanco lavoro. E come in un film di Kusturica le porte si sono aperte e giacche, cravatte, borse sono scese tra un sentiero di campagna che si perdeva dietro l'angolo di un campo da calcio e ogni cosa era irreale, tanto che ho sorriso da quel finestrino a forma di mondo e ho sperato che il treno non ripartisse e lasciasse tutti noi in attesa di qualcosa di bello.

Sono giorni ultimi, per me. Li sento premere. Stringere. E non so dire come.

domenica 23 ottobre 2011

Non c'è niente da fare, i complenni restano giorni speciali anche quando non vogliamo festeggiarli. Siamo nati. Quel giorno di un tot di anni fa. Prima non c'eravamo e non c'era di noi neanche l'idea perché le idee hanno una vita propria e non siamo in grado di plasmarle in una forma precisa, esatta, rifinita. Le idee sono bozze di desideri che finiscono sempre per intrecciarsi con la realtà.

Non sono brava con i compleanni, infatti questa mattina sono uscita quando ancora per strada non c'era nessuno a comprare un cornetto con due candeline e ho sbagliato l'età. A volte confondo persino la mia. Quest'anno sarà difficile sbagliare perché arrivo a trent'anni, come se fosse un traguardo. Io spero di no.

Un cornetto al cioccolato (che non è nutella anche se la commessa c'ha provato a spacciarmela per tale) e due candele sbagliate. Ad onor del vero quella sbagliata era soltanto una ma è bastata a rendere sbagliato tutto il resto.Però, come dice Sagan:

"In ogni eiaculazione maschile vi sono centinaia di milioni di cellule spermatiche e di esse solo una può fecondare un uovo e produrre un membro della successiva generazione di esseri umani; ma quale spermatozoo fecondi l'uovo dipende dai fattori più minimi e insignificanti, sia interni sia esterni. Se anche una piccola cosa fosse andata in maniera diversa 2500 anni fa, nessuno di noi sarebbe qui oggi. Vi sarebbero miliardi di altre persone al nostro posto."

Credo che un compleanno non sia tanto da sottovalutare. E forse alla tavola del Cappellaio Matto questa verità era già nota quando si festeggiava il Buon Non Compleanno.

sabato 22 ottobre 2011

Era rosso il tramonto con striature di blu. Il traffico sfrecciava attraverso i nostri abbracci e il mare immobile dall'altra parte della strada con i suoi mille occhi acquosi. Avrebbe potuto essere ovunque, forse anche dentro un film. Avrebbe potuto fermarsi qualcuno e scattarci una foto. E poi siamo corsi via e correndo siamo scivolati dentro una striscia d'asfalto che ha ingoiato ogni meraviglia. Tranne quella del mio cuore.


Ti amo
In Nuova Zelanda, ad Auckland per la precisione, è mezzanotte e qualcosa. Io sono nata e cresciuta a Roma, anzi per la precisione sono nata a Roma e cresciuta in provincia, sempre un po' periferica rispetto al fermento cittadino e ancor più al fuso orario di Auckland. Ma questa storia dei tempi e dei giorni che ruotano su questi assi e ci regalano albe e tramonti infiniti, mi affascina. E trovo che, nonostante la scienza ci abbia detto molto in proposito, trovo che ci sia ancora qualcosa di magico in tutto questo. Prendete la Terra e il Sole e questo Universo intero che gira come se fosse al rallentatore. E' come il movimento di una testa di donna che scioglie i capelli al vento. E quindi io sono qui, chiusa nella mia periferia di mondo, e nulla m'impedisce di vivere questa notte scura dall'altra parte del mondo. Altrove. Sempre. Sempre tesa in fondo a quel ponte.
Ordine e disordine intorno a me. Rincorro vestiti e attimi irripetibili in mezzo a tracce di marmellata appiccicosa che ricordano un risveglio di qualche ora fa. Mi sento al centro di qualcosa che pulsa senza riuscire a seguirne neanche un battito e mi lascio andare all'indefinibile urgenza di dire. Di dirmi. Di ricordare e correre incontro a qualcosa che fugge o semplicemente mi aspetta. L'attesa è in fondo è una fuga lontana, è sempre l'altra sponda, il richiamo della foresta, la zanna che ulula al vento, l'acqua intorno a un ponte sospeso fatto di legno e corda e brividi lungo la schiena. Rincorro il tempo che fugge. Prima che il supermercato chiuda.
Il buio nella stanza la mattina mi opprime. Potrebbero essere le dieci come le due come le cinque del pomeriggio e io sarei comunque ingoiata in una bolla di pece. Il fatto è che non posso neanche allungare la mano e alzare la serranda e non solo perché la serranda non è a portata di mano, ma perché è legata al sensore dell'allarme e quindi dovrei alzarmi, scalza, e nel buio a tentoni raggiungere l'altra stanza, disinserire l'allarme e a questo punto fermarmi in bagno, perché la posizione verticale stimola la vescica che è una bellezza e questo a qualsiasi ora del giorno e della notte, con o senza la serranda abbassata. E quindi, sono sveglia. Tutti i tentativi di rinfilarmi a letto e fare finta di avere appena aperto gli occhi, sono vani e infruttuosi. Non che io voglia riaddormentarmi. No. Io vorrei semplicemente svegliarmi con la luce che filtra dai buchini della finestra, osservare il gioco di ombre della camera, percepire che è giorno come gli uomini delle caverne devono averlo percepito all'alba del mondo. Basterebbe ricordarsi la sera di non srotolare la serranda come a proteggersi da un'incursione aliena. Ma la sera mi piace tenere fuori il mondo, per sicurezza tiro anche la tenda. Inconciliabili contraddizioni dell'essere donna.

venerdì 21 ottobre 2011

Si arriva a Termini accolti dallo striscione Benvenuti al Quarto Mondo! dove piove dal tetto, le uniche due linee di metro sono sommerse dall'acqua, i treni partono a singhiozzo, le macchine giocano a domino per strada, gli autobus sono fuori servizio e il tram, il mio tram, mi passa sotto il naso (zuppo anche quello) con la scritta fluorescente: DEPOSITO. Sarà mica colpa, ancora una volta, di Saramago? (a quanto pare oggi va forte il buon vecchio José). "(...) in ordine decrescente di quantità, e a beneficio culturale di una popolazione che non si sogna neppure l'esistenza di tanta roba nel mare in cui si bagna, cloro, sodio, magnesio, zolfo, calcio, potassio, bromo, carbonio, stronzio, boro, silicio, fluoro, argo, azoto, fosforo, iodio, bario, ferro, zinco, alluminio, piombo, stagno, arsenico, rame, uranio, nichel, manganesio, titanio, argento, tungsteno, oro, che ricchezza, mio Dio". Secondo me è anche un po' colpa dello stronzio.