Succedono cose strane. Sarà il cambio di stagione o sarò io che la mattina non mi lavo bene la faccia e tendo a vedere tutto felicemente distorto. Come attraverso uno specchio che deforma la realtà facendola sembrare più lunga o più grassa o più vera. C'è musica che proviene dalla strada, come se il circo fosse arrivato in città. Musica che parla con note d'autunno sotto il cielo grigio di questa mattina ancora assonnata. La musica come fuoco lambisce le estremità del corpo scottandomi un po'. Bruciature che restano a canticchiarmi nelle orecchie fino alla sera, ritornelli di ricordi passati e dolcissimi, sorridenti senza sapere il perché. Il circo è arrivato in città, giocolieri ai semafori che lanciano in aria palline gialle e piroettano di fronte a spettatori ingabbiati dentro auto riscaldate mentre la musica si avvicina e il pavimento diventa rovente sotto i piedi, tanto che le le gambe saltano dalla sedia e si uniscono a questo circo che danza e ruota e chiama e non chiede nulla tranne voce e sudore di un inverno che arriva, di un'acqua che scende senza pulire nulla.
Succedono cose strane. Ieri mattina il treno si è fermato davanti a un oliveto e per due ore gli alberi sono rimasti immobili a guardare la lingua d'acciaio che pigra sbadigliava il suo stanco lavoro. E come in un film di Kusturica le porte si sono aperte e giacche, cravatte, borse sono scese tra un sentiero di campagna che si perdeva dietro l'angolo di un campo da calcio e ogni cosa era irreale, tanto che ho sorriso da quel finestrino a forma di mondo e ho sperato che il treno non ripartisse e lasciasse tutti noi in attesa di qualcosa di bello.
Sono giorni ultimi, per me. Li sento premere. Stringere. E non so dire come.
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