giovedì 28 giugno 2012

Limonata alla menta

...Non proprio una ricetta quanto piuttosto un invito a dissetarsi con gusto.

E' una settimana piena che ormai non mi avvicino ai fornelli, il pensiero di accendere il gas mi distrugge. Non tanto per la voglia di fresco (perché sono in grado di mangiare anche un piatto di pasta, purché preparato da altri) quanto per il pensiero stesso di mettere in moto il cervello e tutti gli arti annessi al movimento. Una sorta di languore si è impossessato di me. Mi piace questa parola, languore. Esprime così bene il senso di molla pigrizia che si accompagna spesso a giornate cariche d'umidità.


La scorsa settimana ho infine inaugurato la mia prima giornata al mare, evento per il quale non mi sento mai abbastanza pronta. Capisco il perché ogni volta che metto piede in spiaggia: bottiglie, cartacce, cerotti e assorbenti variamente distribuiti sulla sabbia, per non citare l'intramontabile mozzicone di sigaretta che scanso verso l'asciugamano accanto e me lo vedo spuntare dal sottosuolo. Oddio, sono peggio di una suocera. O di una zitella incallita. Vorrei, giuro che vorrei, prendere tutto con più leggerezza, ma ci riesco sempre meno. 

Per dare un senso ad una giornata trascorsa in mezzo alla monnezza, ho passato le ore leggendo sotto l'ombrellone, scrutando la variopinta umanità tra una pagina e l'altra. Un'umanità che mi lascia sempre più perplessa e - ancor peggio - con la sensazione di trovarmi nel posto sbagliato al momento che per tutti gli altri è giusto. La spiaggia alimenta senza dubbio i miei inverosimili piani di fuga verso un qualsiasi altrove che non sia Italia. 

...Forse ho bevuto troppa limonata in questi giorni.

Ingredienti:

3 limoni
2 cucchiai di zucchero
4 foglie di menta
acqua effervescente naturale

Spremere il succo dei limoni e passarlo in un colino per eliminare i semi più piccoli. Aggiungere lo zucchero e mescolare fino a scioglierlo completamente. Versare il succo in una caraffa da un litro e aggiungere acqua fino a riempirla. Lavare e spezzettare le foglie di menta lasciandole in infusione fino al momento di servire la limonata. Riporre in frigo e berla - volendo - accompagnata con qualche cubetto di ghiaccio e il bordo del bicchiere cosparso di zucchero e succo di limone.


domenica 24 giugno 2012

Torta all'amaretto con crema al cioccolato e panna

Qualche giorno e qualche post fa, in un altro blog, si fantasticava di aprire una piccola pasticceria, una di quelle cose che si sogna di fare con un'amica che come noi condivide gioie e dolori della cucina, iniziando magari per gioco o nei ritagli di tempo, ma con la convinzione che anche un piccolo sogno può diventare...
no, non lo dirò...anzi si, lo dirò con tutta le retorica di cui sono capace...ebbene, che anche un piccolo sogno può diventare qualcosa di grande.

Di sogni ultimamente ne ho avuti molti e ho intrapreso molte strade lasciandomi guidare dai più svariati entusiasmi. Mi chiedo quando arriva il momento in ciascuno di noi in cui si sente che vale la pena sacrificare tutto il resto per dedicarsi a qualcosa che ci si svela colpendoci come un'onda improvvisa. Mi chiedo quando arriverà questo momento nella mia vita, che ancora è invischiata nel caotico desiderio di fare mille cose, indagare mondi, scoprirsi e riconoscersi innumerevoli volte. La cucina - e il blog fatto di parole che a volte escono a fatica, altre mi precedono - è l'interesse più costante di un anno molto tormentato e bellissimo. Uno spazio, un rettangolo bianco da riempire con il pretesto di condividere ricette ma con in fondo il forte desiderio di trovare una mia forma, una mia espressione che siano autentiche.

Lasciamo quindi che il sogno continui a farci sognare. 

Questo dolce è il mio primo tentativo con le torte farcite e devo ringraziare la cara Luna che con il suo blog e le sue ricette mi ha fatto venire voglia di provarci!! Una bella fettona di questa torta è indubbiamente per lei.


Ingredienti:

per l'impasto

5 uova
2 etti di burro
200 gr di amaretti
3 cucchiai di fecola
3 cucchiai di farina
6 cucchiai di zucchero
100 gr di cioccolata fondente
1 bustina di lievito
1 bicchierino di cognac

per la farcia

3 tuorli
75 gr di zucchero
30 gr di farina
375 ml di latte
1 baccello di vaniglia
50 gr di cioccolata fondente

per la guarnizione

250 ml di panna fresca
scagliette di cioccolata

Questa ricetta nasce come semplice torta all'amaretto ed è stata "tramandata" a mia madre da una sua amica. Tendo in genere a diffidare di ricette poco precise circa le quantità, soprattutto se si tratta di dolci, ma posso garantire sulla sua riuscita (se avete la mia stessa tendenza potete pesare le cucchiaiate per successive preparazioni!). Io ho preferito lasciare inalterata la ricetta, così come probabilmente è arrivata a mia madre per finire su un foglio a quadretti scritto in fretta dalla sottoscritta sotto dettatura telefonica. Mi piace ricordarmi di una ricetta anche da questi dettagli insignificanti...

Iniziare sbriciolando gli amaretti ottenendo una farina abbastanza fina. Amalgamare lo zucchero con i tuorli delle uova fino a renderlo spumoso. Aggiungere il burro ammorbidito e continuare a mescolare. Al composto integrare gradualmente le farine con gli amaretti sbriciolati, il cioccolato tritato, il lievito e il cognac. Alla fine unire le chiare montate a neve con un pizzico di sale mescolandole con una spatola al composto. Lavorare l'impasto fino a renderlo omogeneo. Ricoprire una tortiera con della carta da forno (o imburrarla e infarinarla) e versarvi il composto facendolo cuocere a forno preriscaldato a 160° per circa 50 minuti. Prima di sfornare fate la prova dello stecchino, in caso prolungate la cottura di altri cinque minuti. Durante la cottura dell'impasto potete preparare la crema. In un pentolino fate bollire il latte con il baccello tagliato per il lungo. Filtrarlo per eliminare i semini della vaniglia e lasciarlo da parte. In una terrina versare i tuorli con lo zucchero e montarli con le fruste. Aggiungere la farina setacciata e unire infine il latte a filo premurandosi di mescolare il composto con una spatola o un cucchiaio, mettendo da parte le fruste. Mettere infine il composto sul fuoco mescolando senza mai fermarsi fino a quando la crema non raggiunga la sua consistenza. A questo punto spegnete il fornello e fate sciogliere nella crema la cioccolata fondente fino ad ottenere la vostra crema al cioccolato.

Dopo aver fatto completamente raffreddare il dolce, spaccarlo a metà e spalmarlo con la crema (forse ve ne avanzerà una o due cucchiate che potrete utilizzare come la fantasia del momento vi suggerisce!). Adagiare il coperchio sulla farcitura, montare la panna e spalmarla sulla superficie e sui lati del dolce. Ricoprire infine con scagliette di cioccolata. Una vera bomba!





martedì 19 giugno 2012

Coniglio alla birra

Mi collego questa mattina al blog e noto che i blog vicini sono tutti presi dal contenuto dei loro frigoriferi. Decido di saperne di più.

Da una ricerca ISPO sul consumo di birra di noi italiani, pare sia emerso il dato che la birra sia la bevanda più presente nei nostri frigoriferi dopo l'acqua (è bello sapere che la ricerca in Italia si concentra su dati di una certa rilevanza...). L'ISPO è l'istituto per gli studi sulla pubblica opinione, responsabile di quelle telefonate nel cuore dei pasti o della siesta pomeridiana in cui ci viene richiesto solo un attimo del nostro tempo per sapere che tipo di contenitori adoperiamo per fare la spesa. 

Benvenuti nel fantastico mondo del sondaggio telefonico mirato a indagare cosa ci sia nelle nostre credenze e quali siano le nostre preferenze su questioni di pubblico consumo. Il mercato vuole sapere chi siamo, ma non certo per fare un favore a noi. Trovo insana questa esigenza di aprire le nostre case a emeriti sconosciuti che vogliono sapere come mangiamo, dormiamo, facciamo la spesa, acquistiamo vestiti, libri eccetera eccetera. E solo per darci l'illusione di essere padroni delle scelte circa i prodotti che infiliamo nei carrelli e non semplici utenti di un consumo di massa. D'altra parte, ora che so che la maggior parte dei food blogger che seguo ha il frigo inzeppato di birra, correrò al supermercato a farne incetta, dal momento che io rappresento l'eccezione al dato statistico. Quanto meno dovrei farlo se voglio pubblicare la foto del mio frigorifero su Facebook e partecipare all'iniziativa di AssoBirra. Ma il mio frigo in mondovisione è decisamente qualcosa che decido di risparmiarmi. 

E c'è di più. Il consumo di birra è stato tracciato a partire da sei profili di famiglia italiana: ci sono i single, i coinquilini, le coppie senza figli, la famiglia tradizionale, quella allargata e persino quella multietnica. Al di fuori di queste categorie o non siete consumatori di birra o nessuno è interessato a sapere con che cosa accompagnate i vostri pasti. Se siete fortunati e avete la vostra etichetta di riferimento, potete immediatamente andarvi a leggere la ricetta ideata PROPRIO per voi dove vi si consiglia cosa mangiare ma soprattutto CHE BIRRA ACQUISTARE. Mi pare fondamentale. 

E ora posso anche sviscerare il mio amore per la birra, anche se non padroneggia nel mio frigo e tanto meno sulla mia tavola. E' tassativa compagna di cene a base di pizza ma anche solitaria amica di bevute estive e in questo caso la preferisco amarognola e con un medio/alto tasso alcolico. La utilizzo a volte per cucinare ma sono ancora fortemente legata alla cultura del vino, immancabile compagno della mia tavola (e del mio frigo, se v'interessa).

A chiusura di tutta questa polemica propongo - per allinearmi almeno in parte all'ondata di entusiasmo - una ricetta preparata diverso tempo fa. Mi sembra in fondo l'occasine giusta per proporla.

Ingredienti per 4-6 persone:

1 coniglio in pezzi
1 cipolla
2 spicchi d'aglio
1 rametto di rosmarino
birra chiara (amarognola)
farina
olio
sale

Sbucciare e affettare la cipolla, farla soffriggere insieme agli spicchi d'aglio e il rosmarino. Intanto infarinare il coniglio e buttarlo in pentola, farlo rosolare e bagnarlo con la birra fino a coprirlo. Lasciar cuocere per circa 20 minuti, poi aggiungere le olive snocciolate e continuare fino a cottura (altri 10 minuti). Alla fine il liquido di cottura deve risultare abbastanza concentrato e affatto liquido. La farina contribuisce a creare una certa cremosità e la birra conferisce un retrogusto amarognolo che ben si sposa con la carne e le olive. Veramente molto gustoso.

venerdì 15 giugno 2012

Sformato di spinaci e patate al latte

Amo gli animali ma non ho pietà per gli insetti. Riesco ad avere compassione per la vongola buttata viva in padella (quando l'ho fatto mi sono documentata sulla sua capacità di soffrire e ho dovuto comunque sforzarmi per convincermene) ma non per animaletti di varie taglie con ali, occhi da vespa o bavose zampette felpate da microscopici peli. Gli insetti non sono altro che mostri alieni rimpiccioliti. Si sa che la fantascienza trae ispirazione dalla realtà, giocando sulla sua ricombinazione. Ma a volte senza neanche ricombinarla, la natura offre uno spettacolo talmente vario e stravagante, da sembrare di un altro pianeta. A questo punto mi chiedo come saranno gli insetti di una Terra confinante, se i nostri sono già tanto brutti. 

Si, brutti. Diciamolo con franchezza: anche la farfalla. Le ali? Una montatura scenica. Sono vermoni con tre zampe e tubi avvolgibili al posto della bocca. Per non parlare delle laboriose formichine che viste da vicino - con quelle chele mastica-e-divora - e il corpo snodabile sono tutt'altro che rassicuranti. Se non fosse per le dimensioni saremmo fottuti, dal momento che gli insetti sono una grande, immensa famiglia di oltre un milione di specie, pari ai cinque sesti dell'intero regno animale (Wikipedia docet). A capo di tutta la tribù domina Mr. Ragno, con ben otto zampe e quattro paia d'occhi (!!!), un sistema nervoso centralizzato da fare invidia al nostro e un corpo con la filiera incorporata per la fabbricazione di quello che è considerato il miglior materiale presente in natura: la ragnatela. Un piccolo predatore - e in alcuni casi neanche troppo piccolo.  
Da bambina schiacciavo i ragni che s'insinuavano nella mia camera con le copertine rigide dei libri (per andare sul sicuro) e non li rimuovevo fino al mattino dopo. La caccia al ragno era d'obbligo dal momento che vivevo in campagna (ormai ex campagna). La scolopendra invece era più difficile da catturare, a causa delle sue 21/23 zampe. Un insetto con il turbo, ossessione delle mie notti in bianco. 

Eppure sono anche loro creature di Madre Natura e la loro presenza è tanto importante quanto la nostra. Anzi, sicuramente di più. L'uomo è ormai un essere che vive al di fuori della catena alimentare. A scuola mi hanno insegnato che il più grande mangia il più piccolo fino a chiudere il cerchio, ma l'uomo si è auto proclamato padrone del cerchio in una teoria homo centrica. Ovvero si è posto al centro della catena - in una posizione privilegiata - e mangia a suo piacemento grandi, piccoli e minuscoli. Persino invisibili, se consideriamo i virus. Per questo - nonostante l'avversione verso i lillipuziani di questo mondo (pensateci, sono gli unici a non avere dei "cuccioli" che vorremmo tenere in casa, ovvero le larve) - hanno tutto il mio rispetto. Il mondo non sarebbe probabilmente così bello e variegato se non ci fossero loro a impollinarlo o a renderlo curioso, stravagante, insolito. 

Da quando sono arrivata a questa consapevolezza non uccido più ragni, anzi, tutto questo panegirico era per dire che da qualche mese ospito un ragnetto nello specchietto della mia auto e deve trovarsi anche bene perché sta allargando i suoi confini ogni giorno di più. 

Qualche giorno fa sono stata fermata dalla polizia a causa di un sorprasso infelice e oltre a sbattere gli occhi, ostentare la mia disoccupazione, confidargli che stavo andavo di corsa dal dottore (vero!), sono riuscita ad evitare la multa anche grazie al mio amico a otto zampe: "Signorina, si vede che lei prende poco la macchina, le crescono anche le ragnatele sullo specchietto. Vada, circolare..." Se Ragno non porta guadagno, almeno porta risparmio.

E ora, a voi che siete riusciti ad arrivare fino a qui illesi (o illusi?) svelerò la ricetta del giorno. Ma solo a voi. A tutti gli altri si spegnerà il computer...   ORA! 



Ingredienti:

200 gr di spinaci freschi
4 patate
parmigiano 
latte
sale
pangrattato, olio e burro q.b.


Ho trovato questo piatto nel blog di Dolci peccati di gola e me ne sono impossessata apportando le mie consuete modifiche. In verità ho solo voluto alleggerirlo, perché la sua ricetta prevedeva mozzarella e sottilette, ma io ho preferito farne a meno per avere un piatto meno "consistente". Buono come secondo - in discrete porzioni - ma nella versione light anche come contorno.

Iniziare pulendo bene gli spinaci (io ho usato quelli freschi ma i cubetti surgelati sono sicuramente più versatili) elimando la terra e togliendo i gambi più duri. Lessarli in poca acqua e tagliarli grossolanamente. Affettare sottilmente le patate e disporne un primo strato in una teglia precedentemente imburrata, oliata e cosparsa di pangrattato. A seguire unire il parmigiano (siate generosi), gli spinaci (salate) e ricominciate il giro, bagnando ogni strato con il latte (non troppo, regolatevi con il tempo di cottura, lo sformato non deve galleggiare). Terminate con uno strato di spinaci e infornate a circa 180° per una mezzoretta. Come giustamente suggerisce la nostra blogger, da gustare tiepido è ancora meglio!

domenica 10 giugno 2012

Zuppa tiepida di patate, cannellini e maggiorana

Lo so. L'estate è ufficiosamente entrata nelle nostre giornate ma io non voglio capacitarmene. Non sono pronta, come ogni anno, alla stagione più amata dagli italiani. O forse amo semplicemente i cambiamenti che mi lasciano il tempo di adattarmi a tutta una serie di piccole mutazioni dentro di me. 

L'arrivo dell'estate è preannunciato tuttavia da un evento che aspetto sempre con infantile trepidazione. La stanza del sole, la chiamo io. Da giugno ad agosto la luce del sole al tramonto entra quasi diretta attraverso la finestra dipingendo la stanza di rosso. E ogni giorno, da giugno ad agosto, m'incanto a guardarla. A volte alzo lo sguardo distrattamente da ciò che sto facendo (un libro, un film, un rapido passaggio attraverso il corridoio) e il richiamo di quel colore dorato, brillante, acceso è come un invito ad entrare e godere di un momento brevissimo, fatto soltanto di luce e coni d'ombra che si assottigliano. Non mi stupisce che l'uomo abbia adorato il sole, che a lui abbia dedicato preghiere e sacrificato vite umane. Che abbia suscitato in lui timori e meraviglie e lo abbia spinto a sorprendenti scoperte con la semplice osservazione del suo moto costante. Non mi stupisce, anzi, in qualche modo mi rassicura sapere di essere parte anch'io della stessa scoperta, della stessa intatta condivisione di un mistero, di un'osservazione, di un ciclo che costantemente si ripete.

Qualche giorno fa il cielo era nerissimo e prometteva pioggia. Allora ho tirato fuori dalla credenza i legumi secchi e li ho messi in acqua, pensando che sarebbe stato bello aspettare la pioggia con una zuppa tiepida, un modo forse per prolungare i profumi della primavera e le sue tinte pastello che meglio si adattano ai miei umori. 

Ingredienti:

cannellini secchi
3 patate
1 cipolla
2 rametti di maggiorana
sale
olio

Come al solito sono andata ad occhio per la quantità dei cannellini. Ovvero li ho presi a manciate senza curarmi di pesarli. Zuppe e minestre sono le ricette della semplicità ma anche della lentezza, quindi prendetevi il vostro tempo e non usate la pentola a pressione come ho fatto io (..)!!

Il giorno prima o la mattina per la sera mettere a mollo i legumi. Riducete due patate a cubetti non troppo grandi (l'altra lasciatela intera), affettate la cipolla e fatela rosolare con dell'olio. Aggiungere i cannellini, far insaporire e coprire con l'acqua o con il brodo vegetale. Se non usate la pentola a pressione è possibile (e forse consigliabile) aggiungere l'acqua un poco per volta fino a cottura. Nel mio caso ho coperto con l'acqua, aggiunto le patate a cubetti e la patata intera, salato con una presa moderata di sale grosso e tuffato due rametti di maggiorana. Dopo mezzora (un'ora in pentola normale) la zuppa è pronta. Eliminare i rametti spogli e schiacciare la patata intera con una forchetta. Amalgamarla al composto per rendere la zuppa densa e cremosa, se vi piace così (io la preferisco). Lasciatela raffreddare e servite tiepida in piatti di coccio rigorosamente sbeccati dal tempo.

mercoledì 6 giugno 2012

Creme Brulèe

Con questa ricetta partecipo al contest di Max, Un coccio al mese per 12 mesi, proponendo la mia terza ricetta. A maggio purtroppo ho saltato l'appuntamento con il contest, è stato infatti per me un mese fin troppo buio e chiuso e anche il blog ne ha risentito. Non so se per compensare l'incapacità di dirmi, ma nello stesso periodo ho cucinato molto e con molte soddisfazioni. 

Pensando ad una ricetta adatta al coccio, mi sono ricordata di non aver ancora pubblicato il mio esordio con la Creme Brulèe. Questo succedeva prima che comprassi la pratica pistoletta per fare il caramello e mi sono dovuta quindi adattare al grill del forno. 

Confesso che non vado particolarmente in visibilio per i dolci prettamente composti da uova, soprattutto se si tratta di dolci al cucchiaio. Con l'uovo ho un rapporto conflittuale, perché mi piace molto - soprattutto trasformato in frittata - ma ho una sorta d'insofferenza per il suo odore e anche per il retrogusto che lascia in alcune preparazioni come la Creme Brulèe, lo zabaione e la stessa crema pasticcera (che infatti aromatizzo sempre al limone per questo motivo, oltre per il fatto che mi piace il limone...)

Da bambina invece mangiavo spesso l'uovo alla coque e ricordo perfettamente il mio portauovo a forma di cagnolino dipinto - non so se mi piacesse più l'idea di mangiare l'uovo in quel modo o l'uovo stesso... Oggi non riesco neanche ad avvicinarmi ad un uovo che non sia assolutamente sodo o che non abbia l'albume stracotto (quando lo preparo al tegamino mi piace aspettare fino a che non si formi quella sottile e gustosa crosticina intorno...).

Comunque per la mia Creme Brulèe mi sono servita di materia prima di sicura qualità (fornitami dalle cinque allegre gallinotte allevate dai miei genitori) che in un dolce come questo credo sia il sine qua non senza il quale sarebbe meglio mangiarsi un Valsoia.
L'ho preparata in delle ciotoline di finto coccio (ehm, si...) "prese in prestito" dalla credenza di mia madre. Mi sono affidata - come prima volta - alla classica ricetta trovata su Giallo Zafferano.

Questo invece il banner del contest:


Ingredienti:

8 tuorli d'uovo
125 ml di latte
500 ml di panna fresca
130 gr di zucchero
1 baccello di vaniglia

Tagliare per il lungo il baccello di vaniglia e metterlo in un recipiente insieme al latte e la panna portando ad ebbollizione a fuoco basso. A parte mescolate i tuorli con lo zucchero SENZA USARE LE FRUSTE ma semplicemente aiutandovi con una spatola di legno. Una volta che il composto sul fuoco abbia raggiunto il bollore, eliminare il baccello di vaniglia e versare a filo nel composto di uova e zucchero continuando a mescolare dolcemente. Una volta amalgamati bene i due composti, versare il contenuto in sei pirofile mono porzione (a me ne sono bastate quattro perché erano discretamente larghe!). A questo punto scaldare dell'acqua sul fuoco e porla in un tegame in cui disporre le pirofile a bagnomaria. La quantità d'acqua deve essere circa di due dita (ovvero deve coprire circa 1/3 delle pirofile). Cuocere per circa 50 minuti a 180° o a forno leggermente più basso se usate quello elettrico. Una volta sfornate lasciatele raffreddare. Alla fine cospargete ogni pirofilina con lo zucchero di canna e caramellizzatelo con l'apposito attrezzo (molto pratico!) o sotto il grill del forno. Nella parte superiore deve formarsi una crosticina, il guscio croccante che racchiude la morbida crema... Amélie ne sapeva qualcosa!


lunedì 4 giugno 2012

Frittata di asparagi e provola affumicata

Quando ero bambina non gradivo diversi tipi di ortaggi, asparagi compresi. Mi chiedo come mai la maggior parte dei bambini non ami la verdura e la frutta. A casa mia vigeva (purtroppo e per fortuna) l'antica usanza del non ti alzi finché il piatto non brilla. Dico antica perché è raro oggi vedere un bambino seduto composto a tavola, ma anche solo semplicemente seduto. Oddio, sto parlando come mio padre. 

Ammetto, lo detestavo. Detestavo stare seduta al mio posto tanto quanto detestavo la disciplina, la stessa che mi intimava di finire il minestrone con carote e dio-solo-sa che altro ortaggio galleggiante nel brodo. Ricordo cene interminabili e difficili da ingoiare, non solo a causa delle indigeste verdure, ma anche del mio orgoglio ferito. Era ovviamente una lotta impari. A volte per puntiglio - o forse in attesa di un miracolo - restavo seduta con la tavola completamente sparecchiata, i miei sdraiati sul divano a vedere un film e io in isolata contemplazione del piatto. Credo di aver formulato le mie migliori riflessioni giovanili in quelle involontarie occasioni. O quanto meno i miei migliori propositi da adulta quale ancora non ero ma bramavo di diventare al più presto. Vendetta, vendetta, vendetta.

E così sono cresciuta sana e forte, direbbe mio padre. Senza dubbio sono cresciuta, quanto meno per una legge naturale che investe il ciclo della vita. E - paradosso - mangio la verdura, anzi, la mangio con molto gusto. Non so se sia merito della mia rigida educazione o semplicemente di un risveglio del gusto che con l'età si è raffinato, ma non è difficile immaginare come mio padre sia propenso a credere alla prima ipotesi.

Gli asparagi restano comunque relegati alla serie delle verdure che mangio saltuariamente e in fondo, leggendo le proprietà di questo ortaggio, non è poi così sbagliato. E' infatti considerato irritante per le vie urinare e sebbene sia consigliato a chi soffre di disturbi renali (poiché svolge un'efficace azione di drenaggio), è preferibile usarne in quantità discrete e soprattutto NON mescolarlo contemporaneamente a burro e olio e altri grassi (come il formaggio o le uova, ad esempio). Mi sono ben guardata, come da copione, di seguire questa piccola regola della giusta combinazione alimentare...

Ingredienti

6 uova
500 gr di asparagi
1 porro
provola affumicata (circa 1 etto)
parmigiano
burro
olio
sale

Lavare gli asparagi ed eliminare la parte bianca del gambo. Tagliateli a pezzetti e lessateli (o lessateli interi, come preferite) per circa 15 minuti. In una padella far soffriggere il porro con l'olio e un pezzetto di burro (quantità a vostra discrezione). Aggiungete gli asparagi, salate e portate a cottura. In un altro recipiente sbattete le uova e aggiungete il parmigiano (tre buone cucchiaiate), il formaggio a pezzettini e gli asparagi che avrete fatto almeno stiepidire. Amalgamate bene e versate nella padella precedentemente usata. Cuocere da ambo i lati fino a doratura.
Servire tiepida o anche a temperatura ambiente, soprattutto in queste calde giornate di primavera!

venerdì 1 giugno 2012

Piadina con stracchino, crudo e salsa cocktail

Il n'y a plus que la Patagonie, la Patagonie, qui convienne à mon immense tristesse...

Si apre così, con questa citazione di Cendrars, il libro In Patagonia di Chatwin. Lo stavo sfogliando un paio di giorni fa chiedendomi come sia possibile che di queste pagine mi sia rimasto poco o nulla impresso nel ricordo. Credo di averlo letto troppo presto, in un'età in cui l'irrequietezza dell'animo mi portava a cercare orizzonti lontani senza che avessi maturato ancora la capacità di riflettere e assorbire se non per rispondere ad un'esigenza interiore. Mi piacerebbe tentare e intraprendere nuovamente il viaggio verso un luogo scelto dell'anima. Nella mia continua ricerca di spazi possibili, mi chiedo se la Patagonia non possa essere, come per l'autore, l'ultimo baluardo di un'umanità sopravvissuta: quella fuori e dentro di me.

In questo girovagare fantastico porto con me - oltre alla compagnia delle parole - anche un gustoso pranzo al sacco preparato in casa. Che ne dite di una piadina imbottita? Solo a pronunciare la parola "imbottita" mi viene fame.

Ingredienti per 2 piadine:

80 ml di latte
1 gr di bicarbonato
250 gr di farina
5 gr di sale
35 gr di strutto

per la farcitura

salsa cocktail home made
stracchino
prosciutto crudo
lattuga

Ho dissertato poche ricette fa circa lo strutto e l'eccezionalità del suo uso in cucina (o meglio...del mio uso di questo prodotto in cucina). Comincio a notare con una certa preoccupazione che trovo ogni scusa plausibile per adoperarlo, mettendo a dura prova le mie riserve mentali in proposito. Non c'è niente da fare, lo strutto - proprio perché estremamente grasso - rende tutto più morbido e friabile, compresa la piadina. Vi suggerisco quindi di provarlo almeno una volta prima di ripiegare sul più comune burro.

La ricetta della piadina è presa da GialloZafferano, compresa la farcitura.

In una ciotola unire la farina, il bicarbonato, lo strutto ammorbidito, il latte tiepido e il sale. Amalgamare il tutto e lavorarlo fino a rendere il composto morbido e uniforme. Lasciarlo riposare per mezzora e successivamente dividerlo in due parti da cui ricavare i dischi per le piadine. Stendere l'impasto con il mattarello, scaldare una padella antiaderente e cuocere da entrambi i lati fino a quando non si formeranno le tipiche "bolle" da cottura.

A questo sbizzarritevi con la farcitura. Quella che vi propongo è degna di un piatto completo, oltre che molto buona! Spalmate la piadina calda con lo stracchino, adagiatevi le foglie di lattuga lavate e asciugate, irrorate con la salsa cocktail precedentemente preparata e finite con le fette di prosciutto crudo generosamente distrubuite sul resto della farcitura.

Da mangiare subito, appena fatta è una vera bontà.