Mi sveglio e mi stiracchio con il sole che fa capolino tra le fessure della serranda e la luce filtrata dalla tenda. Sono le 07:30 circa della mattina, l'aria è frizzante ma non fredda, il cielo non completamente terso ma guarnito di succose nuvole bianche. Passeggiare per le strade bagnate di un qualsiasi giovedì invernale e fermarsi dal fruttivendolo (ma esistono ancora? nella mia parte di mondo si) è meglio di una doccia calda dopo una giornata di lavoro.
Il fruttivendolo.
Fino a qualche mese fa lo consideravo un retaggio del passato, un modo romantico di fare la spesa. Sono una figlia di questa generazione da supermercato, cresciuta tra le corsie della Conad e i carrelli arancioni della Coop. Fino a quando.
Fino a quando ho perso (lasciato?) il lavoro e alterno lunghi periodi di disoccupazione a brevi intervalli lavorativi. Tralasciando l'aspetto più scomodo di questa scelta, posso elencarne i vantaggi. Il primo, sicuramente, è il molto tempo libero a disposizione. Nel "contenitore-tempo" ci sono poi un sacco di cose: libri, film, passeggiate, cazzeggio, ricette...e...il fruttivendolo. Ho scoperto il piacere di uscire di casa A PIEDI e comprare frutta e verdura SPORCA DI TERRA e...PROFUMATA. Amo il mio fruttivendolo. Amo i cartelli dei prezzi scritti a mano, i mandarini con VERE FOGLIE attaccate alla buccia, l'aroma del prezzemolo dentro le buste di cartone, la confidenza un po' irriverente di chi, mentre ti pesa la frutta, scambia due parole con te. Altro che guanti e confezioni plastificate da supermercato. Altro che la gelida professionalità dell'addetto al banco verdura.
So che sa molto di trito e retorico e anche di falsamente bucolico, di valori perduti, di ricordi della nonna e via dicendo. Ma da quando mi sono presa il tempo di non fare tutto di corsa, di comprare ciò che mi serve nel momento in cui ne ho bisogno e di non fare le scorte post-guerra atomica nella credenza, ho riscoperto anche il piacere di cucinare e mangiare in un certo modo. Sembrerà sciocco, ma fino a qualche mese fa, lo spinacio aveva per me la forma di un cubetto surgelato. Non che non sapessi che non cresce cubettato, ma in fondo non ero interessata all'argomento. Il cibo era funzionale ai miei tempi. Condito adeguatmente diventava anche buono, ma era più un mangiare con lo stomaco che con gli occhi, il naso e...la bocca. I sensi sono fondamentali al cibo, all'assimilazione che ne facciamo. Il cibo diventa buono non solo perché è ben cucinato, ma anche perché è bello da vedere, buono da odorare, liscio o ruvido al tatto, accompagnato dalla nostra musica di sottofondo. Ora nel mio frigo ho due chili di spinaci da pulire. Lo farò ascoltando della musica, bevendo un bicchiere di vino, pensando, canticchiando. O forse lo farò in silenzio. Ma con un gran sorriso sul volto.
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