Solitamente supero il reparto libreria del supermercato a una velocità mediamente sostenuta, in parte perché ho sempre troppe pretese in fatto di letture, in parte perché ogni volta che rovisto alla ricerca dell'impossibile o del fortuito finisco per trascinare via il carrello chiedendomi cosa mi aspettassi di trovare. C'è però un giorno fortunato per tutto e se non per tutto almeno per qualche cosa. E così ho trovato il ricettario regionale che tanto andavo cercando da qualche tempo e finalmente l'ho acquistato.
C'e qualcosa nel modo in cui si cucinava e in parte si cucina ancora, che mi appassiona fortemente. Voglio precisare: non credo che il meglio sia già passato, credo però (anzi, sono fermamente convinta) che la tradizione abbia un suo valore e che debba esistere uno spazio, oggi più che mai, in cui conservarla intatta. Io la vivo come un'urgenza interiore, un richiamo, un bisogno d'appartenenza. Mi sono avvicinata al mondo della cucina e del blog per amore del cibo, per svago, per mettere alla prova la mia incapacità di dedicarmi a qualcosa per più di dieci minuti e ho scoperto in questi mesi un gusto tutto nuovo che non conoscevo di me, un approccio al cibo tramandato e semplice che in sé non contiene tanto la promessa di qualcosa di nuovo, ma più che altro di qualcosa di antico ora riscoperto.
E cosa mai sarà? Un pezzo di storia di tutti noi, credo.
Ci sono piatti che si mangiano solo in alcune parti d'Italia, verdure o erbe che crescono solo in alcune terre. Ed è proprio questo aspetto recondito e remoto ciò che m'interessa maggiormente del cibo e della mia voglia di riscoprirlo.
La Val di Fiemme si trova in Trentino, in una zona che si apre come un incanto di montagne, laghi, boschi e piccole cittadine sparse come presepi. Ne parlo come se ci fossi stata, in realtà associo l'immagine che ho di altre valli viste dall'alto che mi hanno lasciato più o meno tutte la sensazione di posata integrità. Sarà la montagna possente o la cima di alberi legnosi a farmi percepire la lentezza del mutamento, come se l'uomo fosse un abitante discreto e rispettoso. Mi piace pensare che in alcuni luoghi sia ancora così.
C'e qualcosa nel modo in cui si cucinava e in parte si cucina ancora, che mi appassiona fortemente. Voglio precisare: non credo che il meglio sia già passato, credo però (anzi, sono fermamente convinta) che la tradizione abbia un suo valore e che debba esistere uno spazio, oggi più che mai, in cui conservarla intatta. Io la vivo come un'urgenza interiore, un richiamo, un bisogno d'appartenenza. Mi sono avvicinata al mondo della cucina e del blog per amore del cibo, per svago, per mettere alla prova la mia incapacità di dedicarmi a qualcosa per più di dieci minuti e ho scoperto in questi mesi un gusto tutto nuovo che non conoscevo di me, un approccio al cibo tramandato e semplice che in sé non contiene tanto la promessa di qualcosa di nuovo, ma più che altro di qualcosa di antico ora riscoperto.
E cosa mai sarà? Un pezzo di storia di tutti noi, credo.
Ci sono piatti che si mangiano solo in alcune parti d'Italia, verdure o erbe che crescono solo in alcune terre. Ed è proprio questo aspetto recondito e remoto ciò che m'interessa maggiormente del cibo e della mia voglia di riscoprirlo.
La Val di Fiemme si trova in Trentino, in una zona che si apre come un incanto di montagne, laghi, boschi e piccole cittadine sparse come presepi. Ne parlo come se ci fossi stata, in realtà associo l'immagine che ho di altre valli viste dall'alto che mi hanno lasciato più o meno tutte la sensazione di posata integrità. Sarà la montagna possente o la cima di alberi legnosi a farmi percepire la lentezza del mutamento, come se l'uomo fosse un abitante discreto e rispettoso. Mi piace pensare che in alcuni luoghi sia ancora così.
Ingredienti:
200 gr di orzo perlato
100 gr di pancetta affumicata (in una sola fetta)
50 gr di fagioli secchi
1/2 cipolla
1 costa di sedano
2 carote
1 patata
1 litro e 1/2 di brodo vegetale
sale
La ricetta è una delle più tradizionali di questa regione e credo debba molto sia alla qualità dell'orzo che a quella della pancetta. Nella sua semplicità ha il sapore caratteristico dei luoghi freddi, grazie all'accostamento dell'affumicato con il sapore delicato del cereale.
L'orzo, inoltre, è antico quasi quanto le cime innevate, alimento da sempre consumato dall'uomo e ricco di proprietà benefiche. Già Ippocrate, famoso medico greco, consigliava l'orzo a tutti i suoi pazienti e oggi dovremmo utilizzarlo spesso cercando di acquistare l'orzo mondo, che a differenza del perlato è integarle e quindi non raffinato. Le caratteristiche migliori, come spesso succede, sono in ciò che noi scartiamo.
L'uso dei legumi in questo piatto è facoltativo, ovvero esistono varianti senza i fagioli e in verità anche senza la carne, che viene sostituita dalle proteine del latte, facendo del piatto una delicatissima zuppa bianca.
Di mia iniziativa ho aggiunto al soffritto un goccio di vino rosso per sfumare, non previsto dalla ricetta.
Il procedimento è semplicissimo, ma richiede i tempi di ammollo e cottura che sono la parte migliore di questo piatto. A dispetto di tutti i ricettari di come si cucina in cinque minuti, la zuppa è il piatto per eccellenza della lentezza, un regalo prezioso in un'epoca che va sempre di fretta.
Lasciare in ammollo dal giorno prima l'orzo e i fagioli secchi. Il giorno successivo preparare un trito di sedano, carota e cipolla. Affettare a parte la patata e ridurla a tocchetti. Nell'olio rosolare il trito insieme alla patata e alla cipolla tagliata sottile. Dopo qualche minuto aggiungere la pancetta tagliata a dadini e far soffriggere altri cinque minuti. Integrare l'orzo e i fagioli, mescolare con cura e versare 1 litro di brodo vegetale (o acqua tiepida) nella pentola. Salare e coprire. Raggiunto il bollore abbassare la fiamma e cuocere a fuoco medio per circa un'ora. La zuppa deve sobbollire lentamente fino a cottura. Aggiungere gradualmente l'acqua o il brodo affiché non si asciughi troppo e per regolare la consistenza a proprio gusto.
Il consiglio è quello di prepararla con un giorno di anticipo o la mattina per la sera. E' un piatto che deve riposare e insaporarsi lentamente. Con due fette di pane bruscato diventa un nutriente e caldo piatto unico contro il freddo e la malinconia.
Mi piace il piatto contro il freddo e...la malinconia! E una zuppa di questo genere, con accompagnamento di pane bruscato altro che se è scaccia malinconia! è veramente una cococla unica e inarrivabile.
RispondiEliminaCara la mia Giulietta bella, zitte zitte siamo arrivate a Natale! Anche se a me, come ogni anno, non sembra nemmeno lontanamente, ma mancando poco poco alla vigilia, è d'uopo fare un po' di spazio a decori e lucine pure nella propria interiorità.
almeno credo.
Tantissimi auguri dunque, di buon Natale con tanto affetto!
Buon anno, Giulia!
RispondiEliminaTanti auguri di cuore!