“Non costa quasi nulla eppure è
una cosa magnifica: coprite il fondo di un recipiente di vetro con un pugno di
sabbia pulita e piantatevi alcune comuni pianticelle acquatiche, versateci
sopra delicatamente alcuni litri d’acqua di rubinetto e ponete il tutto su di
un davanzale soleggiato. Quando l’acqua si è purificata e le pianticelle hanno
incominciato a crescere, mettetevi dentro alcuni pesciolini; o, ancora meglio,
recatevi con un vasetto e con un acchiappafarfalle allo stagno più vicino,
immergete alcune volte la rete e raccoglierete una miriade di organismi
viventi. In quella reticella per me è ancor oggi rinchiuso l’incanto della
fanciullezza.”
Be’, le cose non sono andate
esattamente così. Avevo si tutte le intenzioni di allestire il mio primo
acquario nelle modalità descritte da Lorenz, ma non ne ho avuto il tempo. Mi
sono ritrovata con un pesce rosso chiuso nella la sua sacchetta di plastica e
il solito sputo d’acqua buono per una mezzora di vita. Non c’era tempo di far
ambientare le piante o di andare allo stagno (già, ma quale?) con l’acchiappafarfalle (signori miei, qui
facciamo tutti un salto indietro nel tempo). Quindi mi sono limitata a riempire
la vaschetta di terriccio per acquari, comprare due piante vere sperando in un
miracoloso quanto rapido adattamento e dare il benvenuto a Tre Soldi. Quei tre
soldi che ho speso per acquistare il biglietto vincente. Speravo in realtà di
liberare da quelle anguste gabbiette i pappagallini dallo sguardo intelligente
o le paperelle che avrebbero spezzato il cuore a un sasso o quella coppia di
tortore paralizzate dalla musica e dalla gente. Ma per tre soldi bisogna avere
davvero molta fortuna o bisogna rassegnarsi a comprendere che le gabbie servono
solo ad attirare lo sguardo e mettere mano al portafoglio. Nella mia smania da
croceverdina improvvisata, allergica a tutto ciò che si trova dentro a una
gabbia, ho deciso di fregarmene del buon senso e comprare il mio bilietto. E
così ho lasciato i miei tre soldi, un insulto velenoso e mi sono presa il
pesce.
Ora nell’acquario ci sono altri
due inquilini della stessa specie a far compagnia al piccolo arrivato, comprati
questa volta per un soldo soltanto e già belli grandi e panciuti. Pino e Tina,
li ho chiamati, sebbene non sappia minimamente nulla della loro sessualità. A
modo mio credo di aver voluto ricreare una famiglia e qui mi fermo perché il
campo dell’inconscio non è il tema di oggi.
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Immagine presa dal web |
Parlerò piuttosto del Seitan, che
nella mia battaglia personale contro il consumo di carne rappresenta una
discreta soddisfazione. Poco conosciuto o comunque poco utilizzato sulle nostre
tavole, è invece un ottimo sostituto di bistecche e fettine che ci arriva
dall’Oriente. Potevo limitarmi a comprarlo confezionato? Giammai, tanto più che
la preparazione casalinga è meno elaborata di una crostata. Dovrò ovviamente
perfezionarmi, testare altre farine e cucinare altre ricette, ma per il momento
sono fiera del mio primo Seitan fatto in casa e lo consiglio anche a chi non ha
smanie animaliste. Diminuire il consumo di carne – sostituendo le proteine
animali con quelle vegetali - non può
che far bene al nostro organismo ormai saturo di “ciccia”.
Ma cos’è il Seitan? Nient’altro
che glutine cotto. Per ottenerlo è sufficiente lavorare la farina con l’acqua
in modo che ne fuoriescano l’amido e la crusca. Ciò che resterà di grigiastro e
un po’ appiccicoso è appunto il glutine.
Solitamente – per una
preparazione casalinga – non vale la pena iniziare con un quantitativo
inferiore a 1 kg di farina, dal momento che la massa alla fine della
lavorazione si sarà ridotta della metà. E’ possibile utilizzarlo subito o
conservarlo in frigo per quattro, cinque giorni immerso nel suo liquido.
Tuttavia è possibile ridurre le dosi di farina mantenendo le proporzioni
dell’acqua.
Ingredienti:
per il Seitan
1 kg di farina integrale (o
Manitoba che pare sia ricca di glutine)
6 dl di acqua fredda (o tiepida,
a seconda delle versioni)
salsa di soia
spezie e odori a scelta
per il condimento
piselli
pomodoro in pezzi
1/2 cipolla
basilico
vino bianco
olio
salsa di soia (o sale)
Preparare il Seitan impastando la
farina con l’acqua. Sulla quantità potrete regolarvi al tatto, ci sono farine
che richiedono più acqua e farine che ne richiedono meno. Cominciate con una
quantità inferiore al peso della farina e al massimo aggiungetela durante la
lavorazione. Formate una palle e lasciate riposare a temperatura ambiente per
una mezzora. Potete anche far riposare l’impasto dentro un contenitore pieno
d’acqua in modo da agevolare l’estrazione del glutine. Successivamente ponete
l’impasto dentro lo scolapasta e continuate a impastare con acqua a filo dal
rubinetto. Vi accorgerete che l’impasto inizierà a perdere un liquido
biancastro, simile a latte. Si tratta dell’amido, che volendo potete conservare
poiché è ottimo per addensare minestre (invece della fecola pronta). Insieme
all’amido anche la crusca si staccherà presto dal vostro impasto, lasciando un
ammasso un po’ appiccicoso e ridotto della metà. A questo punto siete pronti
per lessarlo. Chiudetelo in un fazzoletto di stoffa e buttatelo in pentola con
salsa di soia e le spezie che preferite. La versione orientale sarebbe con
l’alga kombu e lo zenzero, ma potete italianizzare a vostro piacimento. Io, per
esempio, ho usato alloro, cipolla e chiodi di garofano come se fosse un brodo
di carne. La salsa di soia va usata invece al posto del sale e lascia inoltre
un retrogusto particolare, tipico di quella cucina cinese a cui siamo abituati.
Lessare per mezzora, scolare e
affettare a uno spessore di 1 centimetro circa. Procedere con la lessatura per
un’altra mezzora e infine conservare il tutto (liquido compreso) in un
contenitore ermetico. Al momento dell’utilizzo basterà tagliarlo a seconda
dell’uso: spezzatino, fettine o ragout. Vista la cottura precedente non sarà
necessario cuocerlo a lungo e quindi è anche molto pratico per preparazioni
veloci e stomaci affamati.
Potete provare la mia versione
con i piselli. In una padella soffriggere la cipolla con l’olio, aggiungere i piselli
precedentemente sbollentati, bagnare con il vino e far cuocere aggiungendo a
metà cottura il pomodoro in pezzi, il Seitan ridotto a bocconcini e la salsa di
soia (o sale – ma non entrambi perché la salsa è molto saporita). Portare a
cottura e far riposare qualche minuto prima di servire.
Che sapore ha? Il glutine cotto –
diciamolo – non è come il manzo o il maiale. Ma se ben insaporito da salse e
spezie, nonché da un buon contorno, è un pasto buono oltre che completo che si
presta – secondo il mio palato – a ottimi ragout e spezzatini da variare in
mille modi diversi.
Purtroppo non ho foto perché ero
sprovvista della digitale. Anzi, ne ho una molto sfocata e non vale neanche la
pena proporla. Anzi, la propongo per dare un’idea del piatto, ma spero di
sostituirla al più presto, quando magari mi lascerò meno andare
all’improvvisazione senza mezzi fotografici adeguati!