Vorrei poter dire "ci sono poche cose che non mi vanno giù" ma non è così purtroppo.
Una di queste è trovarmi di fronte a un'insegnante stanca, arrabbiata, disamorata e piena di piccole grandi frustrazioni. So che la scuola non è più quella di una volta (per fortuna) e neanche quella che una volta si desiderava che fosse un giorno (purtroppo). Ovvero sono cadute tante barriere, si sono accorciate tante distanze ma forse proprio per questo è ancora più difficile, oggi, essere un insegnante.
E' solo un'ipotesi s'intende, da una che al massimo ha dato ripetizioni pomeridiane. Ma che è stata sui banchi di scuola, si, come tutti nell'età scolare, ma che continua a tornarci anche ora, a trentun'anni. Mi piace, studiare. Forse più di prima. E più di prima ho la capacità di comprendere chi ho davanti. Sarà per questo che sentire dalla bocca di una professoressa che "i ragazzi difficili sono merda" mi fa un po' incazzare. E' quel tipo di rabbia che nasce forse dal non aver mai avuto a che fare con situazioni del genere (tipo: "parli bene tu che non sai cosa vuol dire!") ma che comunque sale, sale e rimane senza una spiegazione.
Scuola, lezione d'inglese per adulti vaccinati. La bidella rincorre un alunno delle medie pomeridiane, un ragazzo che ha alzato le mani, che non sente padroni e che non ha padre. Cresciuto in fretta a suon di violenza e spaccio. C'è anche questo nelle nostre scuole. E l'insegnante non può alzare la voce. Non può sospendere. Non può bocciare. Da qui l'etichetta di "merde", di gente a cui andrebbero cambiati i connotati. Già, tanto ci sono abituati. Passare da un padre assente o violento a un avvocato, a un insegnante stanco, a un carcere minorile...il passo è breve e segnato. Trasmettiamo pure a queste merde che nella vita prenderanno solo calci in culo perché sono nati merda e merda resteranno. Tramettiamogli che se non stanno seduti composti al loro banco avranno solo porte chiuse in faccia e nessuna comprensione. Si dice "so ragazzi" e lo sono davvero. Ragazzi di vita, direbbe Pasolini. Di una vita violenta. Nessuno vuole averci a che fare.
Posso capire che assumersi il ruolo di assistente sociale è un impegno oneroso e pieno di coraggio. Ma io non accetto che un professore o una insegnante diano della merda ad adolescenti che a modo loro si difendono dalla vita attaccando. Non sono una piscologa e non scrivo romanzi, per cui non voglio teorizzare e tanto meno commuovere o impetosire. So che c'è una realtà, nelle nostre scuole, nelle stesse scuole che a volte cadono a pezzi e la cui unica pennellata di colore è data dalle porte dei bagni piene di frasi d'amore, insulti, citazioni di ragazzi che nelle ore di scuola, oltre a studiare, scarabocchiano vita.
Si potrebbe passare delle ore a leggerle.
Ebbene, c'è una realtà che non basta prenderla a calci, spostarla più in là. Non basta lamentarsi che il governo non finanzia l'istruzione e per questo i professori sono sempre più stanchi. L'insegnante per me è come un infermiere: un uomo di vocazione. E allora se il governo non ti paga o ti fa allungare le ore per arrivare a uno stipendio decente; se ti fa sudare la giornata, combattere con classi difficili in aule grigie e spente, ebbene, prenditela con il governo. Perché per me l'unica vera merda è l'insegnante che non insegna, è l'insegnante che non impara. E' l'insegnante che non tollera. E che di fronte a un'aula di persone adulte ha il coraggio di dare della merda alla giovinezza. E' come insultare la terra in cui non cresce erba ma che nel sottosuolo contiene una ricchezza.
Ma si, oggi la crostata alla prugna ci sta tutta.
Ingredienti per circa 7 crostatine
300 gr. di farina
150 gr. di zucchero
150 gr. di burro
3 tuorli
scorza di 1 limone
marmellata di prugne rigorosamente della nonna
La crostata è come il ciambellone, ovvero un classico che ognuno fa a modo suo. E visto che a me piace riproporre il classico (jurassica inside), lasciatemi apparecchiare la tavola come una vecchia zia e servirvi una tazza di tè. Tanto più che la bellissima tisaniera in porcellana che vedete nella foto mi è stata regalata proprio da mia zia, che di vecchio non ha neanche l'ombra ed è un'insegnante combattiva (ultimamente un po' sciancata ma sempre tosta. Un bacio zietta!)
Allora, sapete tutti come si fa una crostata. Roba da non stare neanche qui a ripeterla. Tipo: unire i tuorli alla farina mescolando bene con le fruste fino ad ottenere un composto spumoso (si dice "che scrive"). Aggiungere il burro ammorbidito e la farina a cucchiaiate. Infine la scorza del limone. Mescolare il tutto con le mani, formare una palla e far riposare in frigo per una mezzora. Si, lo so. Il burro andrebbe lavorato freddo ma a me la frolla piace elastica (che frolla è? vabbè, a ognuno le sue contraddizioni).
Infine disporre porzioni d'impasto negli appositi stampini che non mi sono presa neanche la briga d'imburrare. Per una strana legge non scritta e mai tramandata, gli stampi piccoli non attaccano. Almeno i miei. E non sono di silicone (bleah!).
Cuocere in forno a bassa temperatura (io 140° in forno elettrico ventilato) per circa 8-10 minuti. Sfornare e riempire con la marmellata e decorare con rotolini di pasta sovrapposti. Infornare nuovamente e portare a cottura.
"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori"
De André